Renzi, falsificate intercettazioni per incastrare il padre. Chi ha avvelenato la polpetta?

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Aprile 2017 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA
Renzi, falsificate intercettazioni per incastrare il padre. Chi ha avvelenato la polpetta?

Renzi, falsificate intercettazioni per incastrare il padre. Chi ha avvelenato la polpetta? (foto Ansa)

ROMA – Renzi, incastrare il padre, demolire il figlio: su questa “missione” è stata costruita parte, parte non piccola, della inchiesta Consip. Lo dicono i fatti, lo sospettano i magistrati.

Nella relazione fornita a suo tempo dal Noe dei carabinieri ai magistrati c’è scritto che l’imprenditore Romeo pronuncia, registrato dai microfoni, la frase: “Ho incontrato Renzi”. E questa viene presentata come la prova documentale che Romeo cercava Tiziano Renzi e lo incontrava per farsi “agevolare” nell’ottenere appunto appalti dalla Consip. Di qui l’ipotesi di reato ai danni di Renzi Tiziano per “traffico di influenze”, insomma detta in volgare raccomandazioni in cambio di favori se non soldi. Ecco, i fatti dicono e i magistrati confermano che Romeo non ha mai pronunciato quella frase e che mai risulta da nessuna intercettazione ambientale che Renzi padre e Romeo si siano incontrati.

La frase relativa all’incontro con Renzi l’ha detta Italo Bocchino e riguardava Matteo Renzi con cui è ovvio un ex parlamentare possa avere occasione di incontro. E come frase di Bocchino è riportata nei “brogliacci” originali delle intercettazioni. Ma poi, nelle carte della relazione del Noe firmata da un capitano ora indagato per falso, la frase viene trasferita in bocca a Romeo. E così assume tutt’altro significato. Una falsificazione voluta o un errore macroscopico? Interrogato dai magistrati il capitano si “è avvalso della facoltà di non rispondere”.

Una risposta difensiva che chiami in causa l’errore è difficile da sostenere. Non solo perché l’errore sarebbe gigantesco, improbabile. Ma anche perché non è il solo. Lo stesso capitano scrisse a suo tempo di agenti dei servizi che controllavano gli uomini del Noe che indagavano su Romeo. Si scoprì che erano normali cittadini residenti vicini agli uffici di Romeo. Ma il capitano, venuto a conoscenza che non erano agenti dei servizi ma gente comune, omise di riportarlo nella sua relazione che conteneva il giudizio secondo il quale “Matteo Renzi da Palazzo Chigi mette in campo tutto a difendere la famiglia”, cioè i servizi segreti.

Un errore sarebbe un indizio, due errori un sospetto. C’è il terzo fatto e tre fanno una prova di una voluta falsificazione. Il terzo fatto è che i magistrati della Procura di Roma settimane fa tolsero al Noe l’indagine. Perché si erano accorti che c’era un filo diretto e immediato, dal produttore al consumatore, degli elementi di indagine. Cioè arrivano diritti ai giornali i pezzi della relazione con l’incontro Renzi-Romeo e simili.

Quindi è più che un sospetto che qualcuno abbia avvelenato la polpetta dell’inchiesta Consip. Un complotto? Più probabile un riflesso pere così dire naturale nel corpo della società italiana, Carabinieri compresi. D’istinto e d’abitudine è uso in Italia saltare sul carro del vincitore e, quando il vincitore non vince più, bastonare il cane che affoga. Deve essere sembrata quindi una ghiotta opportunità, favorita dalle condizioni generali politiche e di opinione pubblica, incastrare papà Renzi per affondare definitivamente Renzi figlio. Qualcosa che a farlo c’era da raccogliere consenso in varie forme e luoghi. Quel capitano insomma ha con tutta probabilità fiutato l’aria come fanno e hanno fatto molti altri italiani. Solo che il capitano deve essersi ingolosito di più.

Cosa abbia fatto davvero il capitano lo diranno i magistrati che indagano su di lui. Di sicuro si sa cosa hanno fatto l’informazione, la politica, la pubblica opinione.

Titoli sulla “trattoria” losca anche nella tipologia dove Tiziano Renzi e Romeo si erano incontrati stampati e gridati come fossero fotografie. Assuefazione tossica a considerare ciò che arriva dalle fonti investigative come carne ottima e abbondante e genuina e mai supporre, solo supporre almeno, che sia, possa essere, polpetta avvelenata.

Avversari politici di ogni tipo che hanno gridato alla manifesta colpevolezza di Renzi famiglia in blocco e su questo hanno basato atti e sceneggiate parlamentari. Il massimo della piccolezza umana nell’uso dell’argomento del Renzi padre impresentabile anche da parte di quella che era ma minoranza Pd come argomento a favore e sostegno della scissione.

Infine un’infinità di persone, cittadini ormai graniticamente convinti e certi che Tiziano Renzi sia uomo di traffici loschi e quindi il figlio…Niente, nemmeno i fatti, neanche le parole e gli atti dei magistrati, potranno scalfire nei più questa convinzione. Questo è un danno che non si ripara. La polpetta avvelenata ha fatto il suo lavoro, non tanto perché fosse irresistibile e letale, quanto perché in giro c’era e permane una voglia matta, una gran goduria di mangiare, divorare e abbuffarsi di polpette così.