ROMA – “Pieno sostegno al governo”. Questo il messaggio che Matteo Renzi ha consegnato al premier Giuseppe Conte in una telefonata la sera del 16 settembre. Fonti vicine a Renzi confermano che l’uscita dal Pd annunciata per martedì 17 settembre non avrà ripercussioni sulla tenuta del governo giallo-rosso.
Se dal segretario Nicola Zingaretti non arrivano commenti, Franceschini sembra andarci pesante e paragona la “litigiosità” e le scissioni interne del Pd alle debolezze che favorirono l’ascesa del fascismo e di Benito Mussolini nel 1921.
Renzi lascia il Pd
Renzi annuncerà i motivi della sua decisione in una intervista e nel salotto di Porta a Porta e lancerà un nuovo movimento sia in Parlamento con un gruppo autonomo sia alla Camera che al Senato. In un’intervista di sabato scorso al Times, Renzi raccontava di aver lavorato quando era sindaco nell’antico studio di Machiavelli ma “posso dirvi che non sono machiavellico”.
In molti, però, nel tempismo scelto nel decidere lo strappo dal Pd, vociferato da mesi ma ora imminente subito dopo la nascita del Conte bis, vedono l’accostamento con le tesi del filosofo fiorentino. Ma, assicurano i renziani, il nuovo movimento, che potrebbe chiamarsi ‘Italia del sì’, non sarà un pericolo per il governo anzi “paradossalmente – garantisce Renzi sempre nell’intervista al Times – ne amplierebbe il sostegno”.
L’ex premier avrebbe assicurato lealtà a Conte stesso, a quanto si apprende. Nessun contatto, invece, spiegano al Nazareno, con il segretario Nicola Zingaretti che anche domenica 15 settembre ha lanciato un nuovo appello ad evitare una scissione del Pd. E, mentre crescono esponenzialmente le possibilità di un addio dei renziani ai Dem già nelle prossime ore dal Nazareno filtra un assoluto silenzio.
Franceschini: “Litigiosità fece trionfare Mussolini”
Intanto a manifestare il suo malumore per la scissione di Renzi dal Pd è Dario Franceschini, ministro della Cultura, che nella chat dei deputati del Pd secondo quanto riferito dall’ANSA avrebbe scritto: “Nel 1921-22 il fascismo cresceva sempre più, utilizzando rabbia e paure. Popolari, socialisti, liberali avevano la maggioranza in Parlamento e fecero nascere i governi Bonomi, poi Facta 1 poi Facta 2. La litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell’ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori”. (Fonte ANSA)