ROMA – La novità che Matteo Renzi porta al suo Pd perché sia unito nel sostenere il patto con Berlusconi è il doppio turno. Doppio turno, bandiera da sempre del Pd e più in generale della sinistra. Il doppio turno, proposto da Renzi e sul quale dice di avere l’accordo con Berlusconi scatta nel caso in cui nessuna delle coalizioni che si sono presentate alleate alle elezioni ottenga il 35% dei voti. Niente 35% per nessuno, quindi ballottaggio non tra due candidati premier ma tra due coalizioni. Le stesse che si sono presentate al primo turno, senza “apparentamenti” opportunistici dell’ultim’ora. Si tratta, dice Renzi, di “rigiocare la partita di fronte agli elettori”, non di cambiare le formazioni in campo tra il primo e secondo tempo.
Il doppio turno era obiettivo e bandiera del Pd, fa posto in coalizione a Sel da una parte e a Ncd dall’altra, era una richiesta esplicita di Alfano e di Vendola, ed era ciò che Berlusconi e Forza Italia da sempre non volevano. E la direzione Pd recepisce e approva: con 111 favorevoli e 34 astenuti. Nessun voto contrario.
La proposta di legge elettorale si completa poi con la soglia di sbarramento: al 5% per chi si coalizza e all’8% per chi corre da solo e il 12% per le coalizioni. In questo modo la strada è sbarrata per i partiti piccoli e piccolissimi e soprattutto per le “leghe di interessi locali e di lobby” che si fanno di volta in volta partiti. Alfano voleva il 4% e combatterà ancora per averlo, invece del 5%. Salvini si accontenterà della possibilità di stare in coalizione con Forza Italia. Incerto è il destino dei vari “centrini”, primo fra tutti quello Casini-Mauro. M5s e Grillo sono fuori da ogni ipotizzabile coalizione ma garantiti dal 20-25% che loro assegnano i sondaggi, dal Collegio Unico Nazionale che garantisce un numero di deputati eletti più o meno equivalente alla percentuale di voti raccolti.
Ai suoi Renzi dice: “No alle preferenze. Non ho resuscitato il Cavaliere, la realtà è che lui è il capo del centrodestra. Chi non vota questo vota contro i 3 milioni di italiani che hanno votato alle primarie e con l’Italicum ci giochiamo la possibilità di governare davvero con alleanze che servono per governare e non solo per far finta di vincere”.
Matteo Renzi si ritiene quindi più forte di appena 24 ore fa ed era forse questo che intendeva quando diceva: “Prima di giudicare l’accordo per la nuova legge elettorale, leggetelo”.
Ma non c’è solo la legge elettorale nel discorso di Renzi alla Direzione Pd. C’è un programma di dieta a tappe forzate, da portare in Parlamento entro primavera. Un “pacchetto” di riforma degli enti locali, che prevede accanto alla riforma del Titolo V della Costituzione, un taglio ai costi degli enti locali e la riforma Delrio delle province, già all’esame del Parlamento. Il pacchetto, spiega il segretario in Direzione, produrrà “un miliardo di euro di risparmio sui costi diretti della politica, con un impegno vincolante”. “Spero ci sia una condivisione anche su questo con le altre forze politiche, sicuramente c’è con Forza Italia”, ha detto.
Mettere Senato e Regioni a dieta stretta di soldi pubblici: “Lo facciamo o facciamo bar sport?”, dice Renzi chiedendo poche cose ma di portata rivoluzionaria: superare il bicameralismo che significherebbe in sostanza 315 stipendi pubblici non ridotti, ma azzerati, annullati. Niente più rimborsi ai gruppi regionali, niente più autonomia nell’auto-assegnazione dei soldi pubblici e dimezzamento dello stipendio dei consiglieri regionali, equiparato a quello dei sindaci. Tanto per dare un’idea: se Ignazio Marino, sindaco di Roma, ha uno stipendio che si aggira attorno ai 7mila euro lordi, un consigliere regionale ne guadagna circa 12 mila.
Renzi è determinato:
“E’ arrivato il momento di far vedere che la politica non è solo discussione” perché se la politica smette di fare politica a si mette a “discutere, discutere e discutere smette di essere politica e diventa bar sport. Dobbiamo decidere se essere politica o bar dello sport”.
Tutto entro la prossima primavera:
“Entro il 25 maggio”, c’è lo spazio per “chiudere un pacchetto, d’accordo con l’unione delle Regioni”, per fare in modo che “i consiglieri regionali guadagnino quanto i sindaci dei comuni capoluogo e che sia superato il finanziamento dell’attività politica dei consiglieri regionali”.
Lancia infine il guanto di sfida a Beppe Grillo che gli ha dato dello showman: “Detto da lui è un complimento. Dico al collega showman: fino a quando continuerai ad abusare dell’intelligenza dei tuoi” che lanciano “grida di dolore” perché l’M5s “si è auto-recluso nel blog?”. E ancora, “fino a quando continuerai a perdere occasioni su occasioni” e a “fuggire”. “Prendendo spunto dalle critiche della Consulta proponiamo la distribuzione dei seggi con ripartizione nazionale anche se con Fi avevamo un’altra idea e avremmo apprezzato lo spagnolo con due grandi schieramenti. Ma ci è stato chiesto di evitare una frattura dentro la maggioranza e così abbiamo mantenuto la ripartizione nazionale”.
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