ROMA – Sulla “drastica riduzione” al programma d’acquisto degli F35 c’è un accordo fra il Pd e il governo Renzi, intesa che dovrebbe essere sancita nella riunione alle 20 del gruppo dei parlamentari pd alla Camera, in vista del voto di domani (mercoledì 7 maggio) in Commissione Difesa.
Lo riferisce l’agenzia Dire spiegando che la base dell’accordo è sul dimezzamento della commessa che originariamente riguardava 90 aerei. Quindi l’Italia dovrebbe acquistare 45 caccia F-35 anziché 90. Non si hanno per ora la cifra dei risparmi previsti dalla riduzione. Riporta Repubblica.it:
“Non mancano, infatti, nel Pd resistenze all’intesa: una parte dei democratici, e ambienti legati al ministero della Difesa, sono contrari a un passo indietro che giudicano penalizzante per l’economia legata alla costruzione del cacciabombardiere. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva annunciato una “rimodulazione” del programma F35 nel corso della conferenza stampa in cui aveva presentato il decreto di finanziamento del bonus Irpef. Ma in quella sede, venti giorni fa, il governo si era limitato a prevedere un risparmio di soli 150 milioni. Con il voto di domani in commissione, si darà l’autorizzazione del Parlamento a ulteriori riduzioni che potrebbero arrivare a sfiorare il miliardo di euro.
Una scelta che sarà presa malgrado le pressioni di Washington, ultima in ordine di tempo quella esercitata ieri dall’ambasciatore Usa John Phillips: “L’Italia potrebbe rallentare i tempi, ma non ridurre l’acquisizione”, ha detto il diplomatico. Il programma costa infatti all’Italia 12,2 miliardi nell’arco di 30 anni. Ma entro il 2014 sono previste spese per quasi due miliardi. Sul punto il Pd si è espresso con un documento in calce all’indagine conoscitiva avviata dal Parlamento, in cui si avanzano “molteplici riserve tecniche e operative”, senza garanzie “dal punto di vista della qualità e del valore, di ritorni industriali significativi”.
“Non risulta contrattualmente garantita per le piccole e medie imprese nazionali l’acquisizione di commesse o sub commesse. A fronte degli investimenti impegnati per realizzare lo stabilimento di Cameri – si legge nel documento del Pd – non risulta contrattualmente definito un prezzo per l’assemblaggio delle semiali che garantisca l’ammortamento del capitale investito e un ragionevole ritorno”. Oltre a ciò “l’embargo sull’accesso ai dati sulla cosiddetta “tecnologia sensibile” determina un fattore di dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi che risulta, al momento, non superabile”.