Riforme sì, ma quali? La ricetta di Mario Draghi

Riforme sì, ma quali? La ricetta di Mario Draghi
Corriere della Sera

ROMA – Mario Draghi e Matteo Renzi: a parole sono entrambi d’accordo sulle riforme, come quasi tutti in Italia e in Europa. “Bisogna fare le riforme”, “affrontare il nodo delle riforme”, “avere il coraggio di fare le riforme”. Ma quali riforme?

Ognuno ha una sua idea in testa e non è detto che le riforme di Renzi, per esempio, siano le stesse che vuole il presidente della Banca Centrale Europea Draghi. Che insiste per un taglio deciso della spesa pubblica, la cosiddetta “spending review” e per una legge sul lavoro che renda i licenziamenti più facili. Questa è la ricetta di Draghi secondo un riassunto fatto da Enrico Marro sul Corriere della Sera:

L’incontro, l’altro ieri mattina, è stato utile a superare alcune incomprensioni e soprattutto a esaminare tutte le questioni sul tavolo. In sintesi: Draghi ha sgombrato il campo da ogni equivoco sulle cessioni di sovranità e ha chiarito che la sua preferenza è per «riforme condivise», ma ha anche ribadito che esse sono urgenti. Sarebbe utile per l’Italia, secondo il presidente della Bce, dare un segnale «importante» a settembre.

Le riforme istituzionali, quali il superamento del bicameralismo perfetto, sono certamente apprezzate e hanno riflessi positivi sull’economia, ma richiedono tempi lunghi. È necessario dunque, ha detto Draghi a Renzi, affiancare da subito riforme altrettanto importanti in materia economica. […]

Il presidente della Banca centrale europea ha spiegato che le sue preoccupazioni non riguardano solo l’Italia. C’è un peggioramento della congiuntura internazionale, anche per via dei focolai di guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente. E in un contesto internazionale in via di peggioramento l’Italia è più esposta alla speculazione, soprattutto se dovesse chiudersi la finestra dei bassi tassi d’interesse. Ecco perché il nostro Paese non può permettersi di mandare segnali sbagliati.

Non possono in particolare esserci cedimenti sul taglio della spesa pubblica impostato col lavoro del commissario per la spending review Carlo Cottarelli. Guai ad abbassare la guardia. Al contrario, è stato il ragionamento di Draghi, a settembre l’Italia dovrebbe mandare un chiaro segnale ai mercati. Nel 2011 con la riforma delle pensioni Fornero funzionò. Questa volta toccherà all’articolo 18? Non sappiamo se nell’incontro se ne sia parlato, ma una revisione della normativa sui licenziamenti fu chiesta nel 2011 all’Italia con la famosa lettera della Bce (firmata dall’allora presidente Trichet e dallo stesso Draghi come governatore della Banca d’Italia) e quella compiuta dalla legge Fornero è ritenuta da molti non ottimale. Sappiamo anche Ncd chiede di togliere l’articolo 18 subito mentre Renzi finora ha preso tempo.

In ogni caso, a settembre, impostando la prossima legge di Stabilità, il governo si giocherà tutto sul taglio della spesa pubblica. Passo indispensabile per ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese e rilanciare la crescita. Sono queste le «riforme condivise» con l’Europa auspicate da Draghi. Qui Renzi ha preso impegni precisi: un taglio della spesa da 17 miliardi nel 2015 e da 32 miliardi nel 2016″.

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