ROMA – Il primo passo, ovvero il disegno di legge licenziato dal Consiglio dei ministri e portato in parlamento. A meno di sorprese venerdì 31 maggio il governo Letta mette ufficialmente in moto la macchina che dovrebbe portare all‘abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Ma quando? Subito? Assolutamente no. Nella migliore delle ipotesi, ovvero quella in cui il Parlamento non si metta troppo di traverso comunque non se ne parla prima del 2017.
Prima, ammesso e non concesso che la legge diventi tale, ci sarà un periodo intermedio, un triennio di finanziamenti dimezzati. Così, almeno, secondo il Corriere della Sera, prevede la norma che sta varando il governo.
Che la legge possa vedere la luce è però tutto da dimostrare. Condizionale d’obbligo nonostante in materia Enrico Letta sia sensibile e si sia esposto in prima persona annunciando, esattamente una settimana fa, che per la cancellazione dei rimborsi c’era l’accordo. Verità parziale nel senso che un’intesa di massima c’è tra gli esponenti del Governo mentre è tutt’altra cosa il percorso in Parlamento.
Non a caso, sul Corriere della Sera, Marco Galluzzo parla di “salto nel buio”. Perché il testo che uscirà deve andare in Parlamento e quindi essere esaminato da quei partiti che di affidarsi solo alle donazioni volontarie non vogliono tanto sapere.
Il testo della legge sarà abbastanza sintetico. Sempre il Corriere parla di una decina di articoli. Soprattutto è confermata l’idea di fondo, quello di abolire il finanziamento automatico e sostituirlo con dei contributi volontari. Gli italiani che vorranno potranno destinare al partito scelto una quota delle loro tasse, probabilmente il 2 per mille. Letta ci ha messo la faccia e ora, viste anche le polemiche con Matteo Renzi, che ha accusato il governo di “vivacchiare” non può più fermarsi. Ma Letta rischia di avere contro il suo stesso partito che, ipotizzava il ricorso alla cassa integrazione per alcuni suoi dipendenti. Ancora più drastico il Pdl che parla di licenziamenti.
In Parlamento, insomma, il testo troverà una resistenza evidente da parte di chi non vuol rinunciare al finanziamento tout court ma magari limitarsi a “ridimensionarlo”. Sarebbe ossigeno per le casse dei partiti, è vero, ma anche un autogol di immagine e soprattutto ossigeno per un Beppe Grillo al momento in difficoltà e alle prese con le tensioni interne e l’analisi del flop amministrativo.
Sempre dal Cdm si attende il via libera ai due bonus all’edilizia. Sgravi fondamentali per un settore che più di altri sente la crisi. La novità dell’ultima ora è un “bonus mobili”. Anche qui linfa vitale per un settore in affanno.
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