ROMA – Rimborsi elettorali: Enrico Letta vuole abolirli ma i partiti resistono. E il testo della legge per cancellarli del tutto è ancora in alto mare nonostante il presidente del Consiglio punti a presentarla nel consiglio dei ministri di venerdì 31 maggio. Ma cosa succede? Semplice: Letta si è esposto, ha twittato e ha annunciato: “I rimborsi elettorali saranno completamente cancellati”.
Un modo per dire che finalmente, con una ventina di anni di ritardo, il referendum che cancellava il finanziamento pubblico ai partiti verrà rispettato. Al loro posto, nel disegno di Letta, ci sarà una contribuzione volontaria, un uno per mille delle tasse che gli italiani potranno destinare al partito preferito. Esattamente come avviene oggi con le confessioni religiose.
Ai partiti, però, tutto questo non piace. E allora, come scrive su Repubblica è caccia allo sconto. A forme di reintroduzione del finanziamento seppure in modo soft. Magari come spiega Gaetano Quagliariello del Pdl con dei “tetti” e una stretta sulle spese che possono essere rimborsate.
E su questo, spiega Repubblica,
lo scontro è servito. In pubblico nulla trapela, i tecnici del governo si limitano a dire che le bozze del disegno di legge ancora non sono pronte per complicazionitecniche. Che ci sono, ma che da sole non spiegano tutti i problemi. Da Palazzo Chigi ricordano che la linea del premier è quella di «eliminare qualsiasi forma di rimborso o finanziamento automatico». Dunque si punta solo al contributodei privati. Letta ha lanciato l’idea di inserire nella dichiarazione dei redditi l’1×1000 da destinare volontariamente ai partiti. Che potrebbe diventare un 2×1000 visto che, spiega un ministro, «non pensiamo che questo tipo di donazioni sarà così diffuso in un Paese dove in molti decidono chi votare solo all’ultimo secondo». Ci sono poi le donazioni dirette con un tetto di 10 mila euro con detrazione del 50% della somma versata. Altra opzione la donazione con un massimo di 70 mila euro con deduzione dell’importo. Quanto al pubblico, si pensa solo all’erogazione ai partiti di una serie di servizi gratis, come gli spazi elettorali. Si riflette se tra questi ci debbano essere anche gli spot tv.
La paura dei partiti, insomma, è che col sistema delle donazioni le casse restino presto vuote. Difficile dargli torto, visto il consenso di cui godono. Per questo, conclude Repubblica,
il rimborso delle spese elettorali, per quanto ridimensionato (50 centesimi a voto contro i 2 euro di oggi) preme per rientrare nel ddl. Per questo nell’eventualità in cui la diga di Letta fosse sfondata (anche in Parlamento dopo l’approvazione del testo del governo), i tecnici studiano come realizzarlo sterilizzandone al massimo gli effetti negativi. Primo, saranno rimborsate solo le spese rendicontate e certificate. Si pensa poi a un tetto ma, spiega una fonte di governo, «non è facile farlo senza conoscere la futura legge elettorale: se usi le preferenze le campagne costano di più rispetto alle liste bloccate».