Rimborsi Emilia Romagna, Marco Monari (Pd) si dimette. I Pm: 30mila€ in cene di lusso

Marco Monari
Marco Monari

ROMA – Diciannove cene in ristoranti da 200 euro a persona. E poi notti in albergo tra cui spiccano un paio di serate veneziane (smentite dal diretto interessato) con conto da 1100 euro.  Tutto pagato con il sistema dei rimborsi. Sono le cifre che hanno spinto Marco Monari, ex capogruppo del Pd in regione Emilia Romagna, alle dimissioni. Da capogruppo, per ora, visto che il posto di consigliere, con l’indagine ancora in corso e che al momento in Emilia riguarda tutti i capigruppo di tutti i partiti, Monari se lo tiene stretto.

Prodiano, 52 anni, Monari dalle carte delle indagini emerge come un raffinato buongustaio. Le sue 19 cene contestate danno l’idea di un tour gastronomico tra i ristoranti recensiti e premiati da Michelin & Co: c’è il famoso Le Calandre dello chef pluripremiato Alajmo, nel padovano (170 euro a testa), Rosetta a Roma (210 euro a testa), Le ostriche, sempre a Roma (150 euro a testa).

E c’è una base del partito, che in Emilia Romagna è un fattore, tutt’altro che contenta. Anzi. Perché non è questione, almeno non principalmente,  di rilevanza penale. Per quella ci sono i giudici. Ma sapere che un proprio eletto si è fatto rimborsare 30mila euro di pranzi e cene di lusso non è cosa che passi inosservata. Soprattutto se succede in una regione dove un altro consigliere, Thomas Casadei, secondo i magistrati si sarebbe fatto rimborsare anche i 50 centesimi spesi per un bagno pubblico. Quest’ultimo parla di errore, di ricevuta “finita là per sbaglio”. Ma è il sistema dei rimborsi tout court a far “imbufalire” militanti e politici di “grado più basso”.

E poi c’è l’inchiesta per peculato. Monari per qualche giorno ha tenuto. Poi, nella serata del 3 novembre sono arrivate le dimissioni attraverso un comunicato. Non prima di aver smentito il presunto rimborso più difficile da spiegare, quello dei 1100 euro per una notte in hotel a Venezia.

Le dimissioni arrivano via nota: 

“Il mio senso di responsabilità viene male inteso e persino interpretato come un mio tentativo di nascondere, a riparo di un ruolo pubblico, mie responsabilità personali che rivendico insussistenti”. 

“Ogni mia azione dal momento in cui ho assunto la guida del Gruppo regionale del Pd  è stata ispirata all’assorbimento di tale pesante responsabilità. Questa è la motivazione che mi ha impedito di imboccare la via facile delle dimissioni di fronte a quel processo mediatico che già ho dovuto denunciare”.    

“Molte, troppe, dichiarazioni disinformate quanto contraddittorie su indiscrezioni incontrollate e  incontrollabili – aggiunge – mi convincono che il mio senso di responsabilità, innanzitutto nei confronti del Partito, viene male inteso e, persino, interpretato come un mio tentativo di nascondere a riparo di un ruolo pubblico mie responsabilità personali che rivendico insussistenti”.

Dimissioni successive, spiega il Corriere della Sera, a una dichiarazione del sindaco di Bologna Virginio Merola che di fatto scarica Monari. Un “bisogna tenere conto dello sdegno della base” che era un invito chiarissimo  a farsi da parte. Anche perché a Bologna, in passato, il Pd ha già pagato. Ora si tratta di arginare uno scandalo che rischia di non fermarsi alle sole dimissioni di Monari.

 

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