Minacciato da Matteo Renzi, Enrico Giovannini, ministro del Lavoro, contrattacca apertamente. Gli altri della lista nera, Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia, Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo, Gaetano Quagliariello, ministro per le riforme e Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia, aspettano in silenzio. C’è aria di rimpasto nel Governo Letta, anche se l’ipocrisia di Matteo Renzi gli impedisce di chiamarlo così perché, dicono i suoi, sa troppo di prima repubblica:
“Mi tengo fuori da certe liturgie della vecchia politica. Non sarò io a fare una questione di nomi con Enrico. Semmai sono pronto ad ascoltare quello che ha dirmi..”.
Altro che gesuita, a leggere Goffredo De Marchis su Repubblica. Ma oltre il gioco di parole la sostanza non cambia.
Come ha scritto Carlo Bertini, sulla Stampa,
“la questione c’è”
parola di Dario Nardella,
“renziano con le mani in pasta sul delicato nodo delle riforme, fidatissimo, quello che tiene i contatti con Forza Italia e non solo”.
Ma, spiega Dario Nardella,
“Matteo non chiederà mai un rimpasto, non può dare questa immagine da prima Repubblica, quindi deve essere Letta a farlo”.
Tuttavia, chiosa Carlo Bertini, la questione
“è spinosa e intrecciata a doppio filo con la road map delle cose da fare”.
“A gennaio i passaggi saranno tre e ben distinti, anche se collegati: la nuova legge elettorale, il patto alla tedesca della coalizione che regge il governo e il relativo rimpasto. […] Il governo va rafforzato in alcune caselle e non ha senso che si contratti tutto nei dettagli, riforme da fare e loro tempistica per poi lasciarne la realizzazione in mano a ministri che a nostro avviso andrebbero cambiati”.
Francesco Sanna, fra i più ascoltati dal primo ministro Enrico Letta, ammonisce:
“Il tema c’è ma io suggerirei un approccio minimalista. Se il rimpasto, perché di questo si tratta, assumesse una dimensione numerica di un certo tipo, porterebbe dritto alla crisi di governo. Ricordo che richiede dimissioni volontarie dei ministri e la controfirma di Napolitano, oltre alla richiesta preventiva del premier”.
Traduce Carlo Bertini:
“Saranno possibili solo pochi e circoscritti cambiamenti”.
Tra i nomi nella lista nera di Matteo Renzi c’è Enrico Giovannini, catapultato da una carriera di statistico a ministro del Lavoro ha dimostrato da tempo la sua inadeguatezza, anche se, fiutata l’aria, ha puntato alzo zero sulle idee di Renzi in materia di lavoro conseguendo un facile consenso e confermando che nel pubblico non saranno capaci di fare le cose ma nei giochi di palazzo non li batte nessuno.
Anna Maria Cancellieri, scossa dallo scandalo Ligresti, è ormai fonte di imbarazzo per tutti e si sarebbe già dovuta dimettere da tempo, a prescindere dai giochi del Pd; anche Flavio Zanonato sta scoprendo che una cosa è fare il sindaco di una media città un’altra dovere pensare allo sviluppo di un’intera nazione.
Il caso di Fabrizio Saccomanni è invece assai diverso. Come avverte Goffredo De Marchis
“è un peso massimo. La sua credibilità all’estero e l’importanza del suo ruolo rendono praticamente impossibile “attaccare” quella poltrona”.
Se poi si pensa che l’deologo di Matteo Renzi è quel Yoram Gutgeld che vorrebbe in miseria tutti i pensionati sopra la sussistenza, allora vengono proprio i brividi all’idea che Saccomanni venga sostituito.
Renzi inoltre, informa Goffredo De Marchis,
“vorrebbe il cambio al ministero delle Riforme o addirittura la sua abolizione per escludere Gaetano Quagliariello ma soprattutto per mandare un messaggio a Giorgio Napolitano che con Quagliariello ha un filo diretto”
motivo per il quale
“è probabile che Quagliariello resti al suo posto”.
Fa tremare un’altra idea di Renzi, quella di promuovere a un ministero più importante quel Graziano Del Rio esponente di punta del partito dell’odio e autore del progetto di prestigio sulla abolizione che non è una abolizione delle province.
Meglio Guglielmo Epifani, già segretario del Pd e ancor prima segretario della Cgil. Per sua fortuna
“viene considerato vicino sia a Letta sia a Renzi.
I commenti sono chiusi.