Dietrofront sul riscatto della laurea? Rispunta lo scudo fiscale bis

Maurizio Sacconi (Lapresse)

ROMA – Troppo rumore per far finta di niente, troppe proteste sul riscatto della laurea e ora il governo penserebbe a fare un passo indietro. Gli interventi sul sistema previdenziale ipotizzati lunedì nel vertice di maggioranza saranno con tutta probabilità modificati se non addirittura eliminati: è quello che filtra in ambienti Pdl dopo il polverone che si è alzato sull’impatto sociale della manovra e sui rischi di una valanga di cause in particolare per quanto riguarda le norme sul riscatto degli anni di laurea e sull’anno di servizio militare.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi ha incontrato martedì i vertici degli entri previdenziali e per mercoledì è previsto un incontro con il ministro della semplificazione Roberto Calderoli proprio sull’impatto ”sociale” degli interventi in materia previdenziale. L’esclusione dei periodi di laurea e di servizio militare riscattati dal calcolo dei 40 anni di anzianità contributiva per uscire dal lavoro senza limiti di età, infatti, potrebbe riguardare circa 100.000 lavoratori l’anno (secondo i calcoli più prudenti, 130.000 secondo stime sindacali), persone che a fronte di aspettative ”tradite” potrebbero decidere di avviare un contenzioso con buone possibilità di vincere la causa.

I nodi sul tappeto sono diversi e renderanno difficile mantenere in campo l’intervento aprendo la via a modifiche. In particolare le ipotesi avanzate dalla maggioranza danneggiano chi ha riscattato gli anni di laurea. Chi va in pensione con il metodo retributivo e 40 anni di anzianità, infatti, può ricevere al massimo l’80% della media delle retribuzioni degli ultimi anni. In questo caso l’esclusione degli anni di laurea dal conteggio dei 40 anni varrebbe non solo per i tempi di pensionamento (con un rinvio di 4 anni) ma anche per il calcolo dell’assegno dato che il rendimento massimo non può superare l’80%. Chi ha riscattato gli anni di laurea sarebbe quindi doppiamente beffato perché avrebbe pagato per non ottenere nulla in cambio.

L’accordo inoltre non chiarisce quale sarà la sorte dei lavoratori che avevano più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, fino ad ora rassicurati dal calcolo della loro pensione su base retributiva (chi ne aveva meno ricadeva nel misto mentre gli assunti dal 1996 hanno il metodo contributivo). Non è chiaro se lo scorporo degli anni di servizio militare e di laurea andrà a decurtare quel ”pacchetto” facendo rientrare una parte di loro tra coloro che avevano meno di 18 anni di contributi e quindi inseriti nel gruppo del calcolo ”misto”, retributivo-contributivo. Appare infine a rischio anche il fronte della differenziazione tra chi va in pensione con le quote (60 anni di età e 36 di contributi nel 2011, dei quali nel caso 32 di effettivo lavoro oltre agli anni di laurea), che mantiene il diritto a fare valere gli anni riscattati, rispetto a chi va con 40 che si troverebbe invece a lavorare 40 anni effettivi (non valendo ai fini dell’uscita gli anni riscattati).

Una prima schiarita arriva dal relatore di maggioranza, il Pd Antonio Azzollini, che ha proposto una norma transitoria. In pratica le nuove regole sulla laurea varranno solo per chi riscatta il titolo di studio a partire dal 2012, quindi a conoscenza della novità, e non per tutti gli altri.

Se invece la norma salterà del tutto allo studio ci sarebbe un secondo scudo fiscale, magari procedendo con un accordo con la Svizzera (destinazione privilegiata di molti evasori) come già ha fatto la Gran Bretagna. In questo caso la tassa per far rientrare i capitali in Italia sarebbe al 27%.

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