“Rispetto? No, limiti”. Su Berlusconi, Fini e i Poteri dello Stato si fa a non capirsi

Racconta “La Stampa”: “Il premier era una furia. A Villa San Martino Paolo Bonaniuti e Valentino Valentini hanno cercato di calmarlo e di spiegargli che non si possono chiedere le dimissioni di un presidente della Camera”. Possibile che il presidente del Consiglio non lo sappia, che non sappia distinguere tra un incarico istituzionale e un incarico di partito? Possibile che consideri le presidenze dei due rami del Parlamento una parte del suo “patrimonio” acquisito con la vittoria elettorale, quota da assegnare o revocare secondo criteri di partito appunto? Possibile che gli sfugga il ruolo e la funzione di garanzia per tutti delle Presidenze e di altre magistrature statali, ruolo e funzioni che non sono quelle di garanzia per la parte politica prevalente? E’ possibile che il resoconto del quotidiano “La Stampa” sia romanzato e non letterale. Però, avendo assistito alla contemporanea puntata di Ballarò, un dubbio resta.

Il dubbio che si faccia a non capirsi. A Ballarò Fini ha detto: “Chi ha il diritto e il dovere di governare può e deve farlo in un sistema di pesi e contrappesi tra i vari poteri”. In studio sia i giornalisti presenti, la De Gregorio e Bechis, sia i politici assisi, Bondi e Di Pietro, hanno tradotto: “Reciproco rispetto tra le istituzioni”. Non hanno capito o hanno fatto finta di non capire, la traduzione è stata infedele, scorretta, infelice. “Rispetto” è parola chiara ma concetto vago. Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale, Magistratura, Presidente del Consiglio e Parlamento devono certo “rispettarsi”. E’ buona cosa che reciprocamente non si offendano. Ma non è questo il cuore della questione e l’essenza della democrazia. Ciascuno può più o meno sinceramente od ipocritamente dire di “rispettare” l’altro. Ma, se ci si ferma qui, al “rispetto”, si fa a non capirsi. La democrazia, parlamentare o presidenziale che sia, prevede ed esige “pesi e contrappesi”, cioè un sistema in cui ogni potere ne trova un altro che è argine e limite al potere stesso dell’istituzione. Non rispetto dunque ma limite. Bilancia di pesi e contrappesi appunto. Sistema di poteri in cui non c’è gerarchia, un potere primo e altri secondi o terzi. Sistema in cui ogni potere ha ambito di azione libero ma, fuori dall’ambito, c’è un altro potere che controlla e limita. Tradotto in volgare, chi ha vinto le elezioni non può fare quel che gli pare, la sovranità del popolo si esercita “nelle forme previste dalla Costituzione”. Sta scritto nella Costituzione italiana e nella Carta fondamentale di ogni democrazia occidentale. Chi ha vinto le elezioni può fare quel che la Costituzione prevede, stop. E chi esercita il potere giudiziario può farlo nell’ambito delle leggi. E chi ha le funzioni di controllo istituzionale può farlo nei limiti del mandato assegnato e in forme limitate e precise.

Altro che “rispetto” più o meno formale, la questione è di limiti al potere perchè il potere resti costituzionale e , in ultima analisi, democratico. I magistrati non possono non applicare le leggi votate dal governo, il governo non può non riconoscere i limiti eventualmente imposti da magistratura e altre istituzioni di garanzia. Forse per disabitudine, forse per ignoranza, forse per luogo comune si fa a non capirsi. Oppure, come sempre, non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire.

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