Ristorante Senato a prezzi normali. E non ci va più nessuno

Palazzo Madama (Foto LaPresse)

ROMA – I ristoranti saranno pure pieni, se ha ragione l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma non quello del Senato. Dopo che i prezzi sono stati alzati tre mesi fa, e portati più vicini ai prezzi di mercato, i senatori hanno disertato la tavola.

Tanto per fare un esempio, il Corriere della Sera ricorda che fino a tre mesi fa il filetto di orata in crosta di patate si gustava per 5,23 euro, il carpaccio di filetto con salsa al limone 2,76. Dalla fine di agosto i prezzi sono triplicati e i senatori hanno rivoluzionato le loro abitudini. E in pausa pranzo si presentano nei ristoranti vicino al Pantheon.

La Gemeaz Cusin, la società che gestisce il ristorante di Palazzo Madama, ha chiesto all’amministrazione del Senato “una soluzione amichevole” per rescindere consensualmente il contratto, sottoscritto il 12 febbraio 2010. La società appaltatrice ha messo la questione in mano agli avvocati, che stanno cercando di convincere Palazzo Madama a rivolgersi altrove per nutrire i senatori.

Nella relazione è ricordato che prima della decisione dei questori di tagliare i costi i senatori pagavano per un pranzo “il 13 per cento del prezzo effettivo, anche per i pasti di tipo superiore o pregiato, il cui costo ricadeva, quasi per intero, sull’Amministrazione”. Cioè dei contribuenti.

Da quando i costi sono quelli di un comune ristorante romano, lamenta la Gemeaz Cusin, “si è verificata una eccezionale diminuzione dell’attività”, con una riduzione dell’affluenza “di oltre il 50 per cento”.

Se poi un tempo i senatori ordinavano quasi esclusivamente piatti “della tipologia superiore e pregiata”, ora scelgono le pietanze più economiche: addio spaghetti all’astice da 18 euro, meglio quelli al pomodoro da 6.

La Gemeaz Cusin stima “un calo del 70 per cento dei pasti prodotti. E ha già richiesto di cassa integrazione per 20 dipendenti del ristorante.

Al Senato, invece, starebbero per assumere altri sette dirigenti.

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