Rosy Bindi: “Bene lo strappo di Fini, ma ora il Paese non può più attendere”

Pubblicato il 8 Novembre 2010 - 12:54 OLTRE 6 MESI FA

Rosy Bindi

Rosy Bindi si dice soddisfatta dalla rottura di Gianfranco Fini ma, allo stesso tempo, sottolinea la necessità di portare con urgenza la crisi in Parlamento perché il Paese non può più attendere. ”Fini -spiega la vicepresidente del Pd – un passo avanti l’ha fatto, ha detto a Berlusconi: o ti dimetti o ritiro i miei ministri. Si tratta di un’affermazione chiara, vuol dire che la crisi è ormai aperta. Può darsi che provino ancora un po’ a rimpallarsene la responsabilità, ma l’epilogo mi pare scritto”.

La Bindi, quindi, sottolinea: ”Se cominciasse un balletto di vertici e trattative saremmo durissimi, perché il Paese è stremato e non può più attendere”. Per la parlamentare democratica, intervistata dalla Stampa, ”è questione di settimane, anche perché sono in arrivo in Parlamento le misure economiche e in commissione il governo è già andato sotto. In ogni caso – sottolinea – troveremo noi il modo di parlamentizzare la crisi, perché non è accettabile che i problemi del Paese restino in attesa di un nuovo governo di centrodestra, che non potrà nascere visto che questa maggioranza è morta e sepolta”.

Sull’apertura all’Udc, ”non mi pare possibile che Casini accorra in soccorso del governo nel ruolo di stampella: smentirebbe se stesso e tutto quel che ha fatto e detto da quando si è coraggiosamente presentato da solo alle elezioni”, sostiene Bindi.

La presidente interviene sulla kermesse di Firenze e le istanze dei ”rottamatori”. Il giudizio su Fini, afferma, ”non può dividerci, perché nessuno lo considera un alleato. Il vero punto di possibile discussione riguarda piuttosto il che fare una volta caduto Berlusconi. Noi crediamo non si possa tornare a votare con questa legge elettorale, e mi pare singolare che chi spinge per il rinnovamento pensi che sia possibile farlo: con l’attuale sistema continueranno a decidere tutto le oligarchie, che siano di Roma oppure di Firenze”. Quanto all’assemblea costituente di ”Prossima fermata Italia”, ”dicono di non volere né spifferi né correnti: mi auguro che non vogliano nemmeno una rifondazione del partito”.