Rosy Mauro: "Dico no a Bossi, non mi dimetto". La rabbia della Lega

ROMA, 10 APR – ''Non vedo perche' dovrei dimettermi''. Rosi Mauro, la 'pasionaria' padana dai natali pugliesi, non si smentisce. E in barba alle pressioni dello stesso Umberto Bossi, non abbandona lo scranno di vicepresidente del Senato. Almeno, non ancora. Perche' da li' vuole difendere la sua verita': ''Non ho mai preso un euro'', dice 'la Rosi', che ''per la prima volta'' dice 'no' al Senatur e non fa l'invocato passo indietro. Ma Roberto Maroni e' categorico: ''Ci pensera' la Lega a dimetterla''. Le poche righe della lettera di dimissioni, raccontano in ambienti della Lega, fin dal mattino sono scritte e pronte per essere inviate al presidente Schifani. L'annuncio e' atteso. Il triumvirato Calderoli-Maroni-Dal Lago che adesso regge il partito, sollecita ''ufficialmente'' il passo indietro.

'La Rosi' sente al telefono Umberto Bossi e con lui lamenta accuse infondate e un vero accerchiamento mediatico. Il Senatur, racconta anche Maroni, le chiede comunque di lasciare. Ma Mauro spiazza tutti. Osa sottrarsi a quell'uscita di scena toccata pure a Renzo, figlio del 'capo'. E annuncia: ''Non mi dimetto. Ho tutti gli elementi per difendermi e lo faro' anche nell'Aula del Senato. Ho parlato con Bossi e la Dal Lago. Mi dicono che per opportunita' politica dovrei dimettermi. Ma per la prima volta – racconta – ho detto no a Bossi''. Si sente accerchiata, la senatrice del Carroccio. ''Come se mi avessero messo in croce…'', confessa a Porta a Porta. ''Io non ho fatto niente di male, di illegale. Non vedo perche' mi dovrei dimettere per dimostrarlo''. Ma come, obietta Vespa, anche Bossi e suo figlio si sono fatti da parte… ''Ognuno fa cio' che si sente'', replica Mauro. ''Mi costa molto dire no al partito'', assicura. E si fa sfuggire qualche lacrima. Lei, la dura che Bossi volle alla testa del sindacato padano e poi al suo fianco (fino a guadagnarle i galloni di 'badante') per l'irruenza e la voce tonante (''A un'assemblea di tranvieri – racconta il primo incontro il Senatur – sta' ragazzetta sale su un tavolo e urla mettendo tutti a tacere…''). Eccola, dunque, l'autodifesa, recitata davanti alle telecamere. ''La Lega non mi ha mai dato un euro''. I soldi di cui si parla erano ''donazioni del partito al Sindacato padano''. Ma ''tutti lo sapevano, anche Bossi, perche' non c'era niente di illegale''.

E i ''29 mila franchi alla nera'', citati nelle intercettazioni? Mauro, che nel Carroccio ha anche il nomignolo di 'nera', assicura: ''Non sono io: e' l'infermiera svizzera di Bossi''. E la laurea comprata con soldi del partito? ''Ero asina a scuola, non mi ha mai neppure sfiorato l'idea di iscrivermi a una universita'. Posso escluderlo anche per il mio caposcorta, Paolo Moscagiuro'', che ''non e' il mio compagno''. Ma all'autodifesa della Rosi sembrano sordi leghisti e avversari politici. Da Bergamo, dove i 'barbari sognanti' si preparano ad accogliere Bossi e Maroni, si levano gli slogan furenti: ''Chi non salta Rosi Mauro e''', ''Badante puttana lo hai fatto per la grana''. Molto piu' istituzionali, ma altrettanto dure, le reazioni di Pd e Idv (mentre il Pdl fa registrare un imbarazzato silenzio). Domani mattina la capogruppo democrat Anna Finocchiaro sollevera' in Aula la questione delle dimissioni. E il partito di Di Pietro, annuncia il capogruppo Felice Belisario, uscira' dall'emiciclo ogni volta che Mauro presiedera'.

E' sola contro tutti, 'la Rosi'. Lo 'ufficializza' il triumviro Calderoli: se non si dimettera', anche in extremis, ''il movimento dovra' assumere decisioni nei suoi confronti''. Dal palco dell'orgoglio leghista di Bergamo Maroni (Bossi e' a pochi metri, ma non fa cenno alla vicenda) tuona: ''Mi spiace non abbia accolto la richiesta. Ci pensera' la Lega a dimetterla''. Ma dalle barricate la 'pasionaria' non scende: ''Prima voglio difendermi. Faccio a modo mio''.

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