Ru486: al Sant’Anna di Torino tre donne su quattro scelgono di non ricoverarsi

All’ospedale Sant’ Anna di Torino sono partiti lo scorso 21 aprile gli aborti farmacologici realizzati somministrando la Ru486, la pillola a base di mifepristone, lo steroide sintetico utilizzato come farmaco per l’aborto chimico nei primi due mesi di gravidanza. Sono state quattro le donne finora sottoposte al trattamento, tre delle quali hanno già firmato le dimissioni dall’ospedale, dove torneranno per prendere la seconda pastiglia, che provoca l’espulsione del feto. Una sola ha scelto di restare ricoverata per i tre giorni raccomandati dal Consiglio Superiore di Sanità, dopo il rallentamento impresso dalle dichiarazioni del neo governatore del Piemonte Roberto Cota e la brusca interruzione alla sperimentazione condotta dal chirurgo radicale Silvio Viale dall’estate del 2006.

Anche se le indicazioni del protocollo approvato dai vertici dell’ospedale sono restrittive, per cui la direzione dovrà sottoscrivere i permessi di uscita durante il ricovero di casi gravi, resta tuttavia la libertà di scelta per le pazienti se accettare il ricovero ordinario oppure tornare a casa, come era già accaduto al policlinico di Bari, il primo a somministrare la Ru486, seguito dal Niguarda di Milano. Per il momento sono tre i posti letto al terzo piano del reparto di Corso Spezia a disposizione delle donne che hanno scelto l’aborto medico, provocando un sovraccarico di lavoro nel servizio di Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) diretto da Viale. “Se le richieste con il tempo dovessero aumentare e dovesse diminuire la domanda di aborto chirurgico- ha sottolineato il direttore generale Walter Arossa- si potrà cambiare il modello organizzativo. Teniamo conto che l’aborto medico è consentito soltanto entro le prime sette settimane di gravidanza e quindi inevitabilmente i costi sono ridotti”.  La disinformazione sul nuovo metodo abortivo è ancora forte. Ci sono donne, anche adolescenti e straniere, arrivate da Asti, da Alessandria, che hanno confidato: “Ci hanno spiegato bene ogni cosa. Pensiamo che sia il metodo meno invasivo”.

Fin dal 2005 la pillola è stata somministrata in via sperimentale in diverse regioni, e al 2009 sono stati quasi 2.300 gli aborti farmacologici. In alcune regioni la prassi è stata quella del ricovero in day hospital, mentre il Consiglio Superiore di Sanità si è espresso più volte a favore del ricovero ordinario. In Emilia Romagna, per esempio, il profilo di assistenza per l’IVG con metodo farmacologico, che l’Assessorato Politiche per la Salute della Regione ha trasmesso alle Aziende Sanitarie regionali, prevede due accessi in day-hospital a distanza di due giorni per la somministrazione dei due farmaci, oltre ad una visita ambulatoriale di controllo in 14a giornata.

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