MILANO Assolto “perché il fatto non sussite” dalla concussione e “perché il fatto non costituisce reato” dalla prostituzione minorile. In pochi minuti, giusto il tempo per leggere uno scarno dispositivo, la seconda Corte d’Appello di Milano ha ribaltato, a sorpresa, la sentenza con cui il Tribunale, poco più di un anno fa, aveva condannato Silvio Berlusconi a sette anni di carcere per il caso Ruby.
Si è concluso così, dopo tre udienze e tre ore di camera di consiglio, il processo di secondo grado a carico dell’ex premier che, commosso, si è ricreduto sui giudici arrivando a sostenere che “la maggioranza dei magistrati è ammirevole” e che quella contro di lui era “un’accusa ingiusta e infamante”.
“Felicissima, non solo per Silvio ma anche per me”, è stata Karima El Mahroug, alias Ruby Rubacuori, colei che ha dato il nome all’intero procedimento giudiziario. I giudici Enrico Tranfa, presidente, Concetta Lo Curto e Alberto Puccinelli, a latere, in tarda mattinata, hanno deciso di cancellare il reato di concussione, che i loro colleghi di primo grado avevano inquadrato nella forma più grave e cioè per costrizione.
Mentre per l’accusa di prostituzione minorile hanno stabilito, questa è l’ipotesi avanzata da più parti, che il fatto è accaduto – e cioè i presunti atti sessuali con la marocchina in cambio di denaro o altre utilità – ma che l’allora presidente del Consiglio non fosse consapevole che quella giovane ospite alle sue feste ad Arcore fosse minorenne.
Saranno comunque le motivazioni, al più tardi tra 90 giorni, a spiegare quale è stato il ragionamento che ha portato all’assoluzione dell’ex Cavaliere contro la quale la procura generale, se non sarà convinta, potrà presentare ricorso in Cassazione, entro dicembre. I supremi giudici poi, in media, non dovrebbero pronunciarsi prima di un anno.
Gli stessi legali di Berlusconi, alla lettura del dispositivo, non hanno nascosto la loro incredulità. In un aula gremita di giornalisti e qualche curioso tra il pubblico (ovviamente diviso tra supporter e contestatori) c’erano i difensori Franco Coppi e Filippo Dinacci, l’avvocato Angela Maria Odescalchi che sta seguendo l’ex premier per l’affidamento in prova ai servizi sociali, e alcuni degli altri legali del pool difensivo.
La prima ad essere chiamata, è stata Marina Berlusconi. Poi Niccolò Ghedini e Piero Longo, gli avvocati storici dell’ex capo del Governo – pare anche loro increduli – che essendo indagati per corruzione in atti giudiziari nell’inchiesta cosiddetta Ruby ter, per una questione di opportunità hanno preferito farsi sostituire in dibattimento.
“E’ un momento di vera soddisfazione – hanno fatto sapere più tardi con una nota – e riporta serenità dopo un lungo periodo di grande tensione”.
Berlusconi, invece, è stato avvertito non appena è uscito dal centro per anziani di Cesano Boscone dove svolge dai primi di maggio attività di volontariato. Subito dopo il verdetto un capannello di cronisti si è radunato attorno a Coppi e Dinacci.
“E’ una sentenza che va oltre le più rosee previsioni”, è stato il commento a caldo di Coppi che ha aggiunto: “Se dovessi fare ora delle lezioni, porterei questo processo come esempio dell’insussistenza dei reati contestati”. “Ha vinto la giustizia – ha riassunto con una battuta Dinacci – Finalmente è stato applicato il diritto. Penso che il diritto è fatto di equilibrio e buon senso e che questa è stata una vicenda personale che non riguarda il diritto”.
La sentenza si ripercuoterà inevitabilmente sul processo gemello a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti? “Non credo – ha tagliato corto Dinacci – in quanto le contestazioni sono diverse”. Poi le spiegazioni del perché è stato scagionato l’ex presidente del Consiglio. Uno dei motivi per cui è stato assolto dal reato di prostituzione minorile potrebbe essere che l’ex premier non era a conoscenza del fatto che Ruby fosse minorenne.
“Era una delle nostre tesi – ha spiegato Coppi – mancava l’elemento soggettivo, il dolo. Questa, però, è una formula di assoluzione che può essere adottata anche in altri casi e non mi azzardo dunque a dare una certezza, posso solo dire – ha ribadito – che questa era una delle nostre tesi e non so però se i giudici hanno preso in considerazione proprio questo elemento”.
L’assoluzione dalla concussione “perché il fatto non sussiste”, invece, secondo gli avvocati di Berlusconi “è più semplice: il fatto è inesistente”. Finite le spiegazioni in diritto, a chi, fuori dal palazzo di giustizia, ha chiesto al professore se fosse soddisfatto per il risultato, lui ha replicato:
“Lei ci piangerebbe sopra? Direi di sì…Da un punto di vista tecnico è stata completamente cassata” una sentenza di primo grado che lui stesso aveva definito “indifendibile. L’assoluzione poteva arrivare anche in primo grado, visto che gli elementi probatori sono gli stessi”.
E alla domanda se nei giorni scorsi aveva fatto qualche previsione con il suo assistito, Coppi ha replicato: “Siamo tutti e due superstiziosi”. Il sostituto procuratore generale Pietro De Petris, che venerdì scorso aveva chiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado a sette anni di carcere, si è limitato a puntualizzare con garbo: “Prima bisogna leggere le motivazioni”. E’ probabile quindi che l’anno prossimo possa andare in scena il terzo atto, davanti alla Cassazione.
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