Salva-Berlusconi. Il condono fiscale dietro il pasticcio

Salva-Berlusconi. Condono fiscale dietro pasticcio
Salva-Berlusconi. Condono fiscale dietro pasticcio

ROMA – Salva-Berlusconi. Condono fiscale dietro pasticcio. Il 28 dicembre, il Sole 24 Ore ha potuto aprire l’edizione nazionale titolando “Reati fiscali, salterà un processo su tre”. Si tratta della reazione ai contenuti dei decreti attuativi della delega fiscale, quelli entrati nel pasticcio del cosiddetto “salva-Berlusconi”.

La norma denunciata come ad personam perché in grado di annullare la sua condanna ha monopolizzato il dibattito sul presunto scambio inconfessabile del patto del Nazareno e oscurato i punti di un provvedimento-sanatoria che ha il sapore di un condono fiscale mascherato.

Salva-Berlusconi, l’ultima traccia porta a Delrio. Per gli interessati a scoprire di chi sia la “manina” che ha inserito in extremis l’art. 19 bis, il salva-Berlusconi, nel testo dei decreti attuativi della delega fiscale, l’ultimo indizio reca le impronte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio. Spiegano De Marchis-Milella su Repubblica citando una fonte interna al cdm che

pochi minuti prima che la seduta si chiuda, il sottosegretario Graziano Delrio, con una mossa a sorpresa e abbastanza anomala, fa un giro di tavolo e ritira le cartelline dei singoli ministri, distribuite a lavori già iniziati, con i provvedimenti in discussione. Tra questi c’è anche quello sulla certezza del diritto fiscale. Rivolgendosi ai colleghi lo stesso Renzi, mentre Del Rio piglia le carpette, motiva la decisione: “Ci sono state tante modifiche, meglio fare un rapido coordinamento, ed evitare che circoli un testo non corretto, che potrebbe provocare confusione su inasprimenti e alleggerimenti”. (La Repubblica)

Dietro il salva-B., la norma salva-evasori (e banche). E’ proprio l’ossessione speculare pro-contro Berlusconi, però, a mettere in secondo piano il vero e proprio condono fiscale che l’impianto complessivo della delega realizza. Non a caso è lo stesso Matteo Renzi a menzionare il pregiudizio a due facce, mentre rinvia il pasticcio del singolo articolo a dopo l’elezione del capo dello Stato (aumento della soglia, eccezione per le frodi fiscali) ma conferma la bontà del provvedimento. Ha sostenuto Renzi che Berlusconi sconterà tutta la pena, che con i decreti si colpiranno finalmente i grandi evasori lasciando in pace, da un punto di vista penale, i piccoli, magari gli evasori per necessità.

Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera (“Quando la franchigia di punibilità diventa soglia di abuso”) sposta invece il focus da Berlusconi alle clausole denunciando  il condono fiscale di massa per tutti gli evasori e i frodatori. Non è in discussione un limite sotto il quale non via dia rilevanza penale.

Ma ancor più assurdo diventa far dipendere la rilevanza penale da una soglia di non punibilità neanche fissa, cioè da un «tetto» almeno uguale per tutti, ma addirittura da una percentuale, appunto il 3 per cento dei redditi dichiarati, surreale «modica quantità» di quella droga-evasione che tutti a parole lamentano intossichi l’economia: una percentuale che moltiplica il disvalore sociale, perché rende relativo il concetto stesso di rispetto della legge, e amplifica l’iniquità della diseguaglianza, perché paradossalmente consente di evadere di più a chi ha di più. Costruita così all’articolo 19 bis, somiglia non solo a un condono per il passato ma anche a una licenza a delinquere per il futuro, una polizza d’assicurazione sulla dose socialmente accettabile di evasione fiscale. (Luigi Ferrarella, Corriere della Sera)

E, in effetti, la famigerata “manina” non si sarebbe limitata ad inserire l’art. 19 bis a insaputa di Renzi, Tesoro, ministri ecc… Franco Bechis su Libero Quotidiano ricorda come dal testo consegnato al Cdm mancasse anche

l’ultimo comma dell’articolo 4 che esclude dalla frode fiscale i flussi contabilizzati, e che fa un regalone alle banche e ai banchieri che si trovano sotto inchiesta per operazioni sui derivati, come Alessandro Profumo e Corrado Passera. (Libero)

Regalo al Cavaliere o arma di ricatto per il Quirinale? Mancando credibili pezze d’appoggio a questa o quella spiegazione del pasticcio, e atteso che Renzi si è accollato la responsabilità pur tra mille contraddizioni (prima dichiarava di aver visto norma per norma tutti i decreti, poi di non saperne nulla in dettaglio), l’esplosione del caso potrebbe non essere fortuito, se non deliberato (sfruttando la “fortuna” occorsa del bau-bau berlusconiano piegandola, machiavellicamente, alla sua strategia per tenere legato lo stesso B.).

Una pista è la data del 20 febbraio: solo allora se ne ridiscuterà, prima si elegge il Capo dello Stato, nonostante le pressioni interne (e del ministro Padoan) a riscrivere subito le modifiche. E’ felice la vignetta, a questo proposito, di Vauro sul Fatto: un Berlusconi irritato si lamenta con Renzi, “Ehi nella calza non c’è niente”, che risponde, “Tranquillo, ci riproverò con l’uovo di Pasqua”. Una conferma indiretta giunge anche dalle dichiarazioni dell’avvocato che difende Berlusconi, Franco Coppi:

Con maniacale cura nel selezionare le parole più adatte, l’avvocato Franco Coppi fa un’annotazione al momento dei saluti: “Mi chiede se la polemica sul 3% per i reati fiscali e sul mio assistito Silvio Berlusconi c’entri con la partita per il Quirinale? E io le rispondo di sì, altrimenti perché Matteo Renzi promette che la pratica sarà rinviata a presidente eletto e dopo la fine dei servizi sociali a Cesano Boscone?”. (Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano)

 

 

 

 

 

 

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