ROMA – In origine era la legge “salva-Sallusti“, ora la chiamano “legge bavaglio” perché i politici ne approfittano per ‘vendicarsi‘ della stampa: fatto sta che la legge sulla diffamazione a mezzo stampa, è stata licenziata dalla commissione Giustizia al Senato e ora va in Aula. Appesantita com’è dalle polemiche e da più di 100 tra emendamenti e subemendamenti che prevedono ad esempio la sospensione dall’albo da 1 a 3 anni per il giornalista accusato di diffamazioni, multe che arrivano fino a 750mila euro, rettifiche da pubblicare per 7 giorni di seguito, la chiusura dei giornali che fanno scrivere chi è stato condannato per diffamazione. Così tanti emendamenti che in mattinata si era vociferato su un possibile rinvio del via libera.
Tutti emendamenti che, a uno sguardo veloce, sembrano tanto un pretesto per accanirsi sulla stampa con misure innestate in una legge che, almeno in origine, doveva servire per alleviare le ‘punizioni’, non per inasprirle. Il disegno di legge sulla diffamazione infatti è nato sull’onda del caso Sallusti e doveva servire proprio per evitargli il carcere. Se si continua così però si otterrà un effetto strabico: Sallusti non andrà magari in carcere, ma per il resto dei giornalisti sarà difficile lavorare senza pressioni e restrizioni. Proprio per questo l’Fnsi ha organizzato una manifestazione di protesta al Pantheon.