Salvini sulla via di Pyongyang: “Lì non c’è né criminalità né prostituzione”

Salvini e Razzi in Corea del Nord
Salvini e Razzi in Corea del Nord

ROMA “La Corea del Nord è come la Svizzera”, una nazione “pulita e senza criminalità”, parola di Matteo Salvini appena tornato dal tour estivo in Corea del Nord, la terra del dittatore Kim Jong-un  dove, insieme ad Antonio Razzi, il segretario della Lega è stato accolto come un capo di stato.

“Intanto premetto che ci siamo andati, tutti, pagandoci il viaggio. Insomma, invece di fare le vacanze in Sardegna le ho fatte in Corea del Nord” dice Salvini ad Alberto Mattioli della Stampa.

“Va bene. Ma perché?” chiede Mattioli,
«Perché mi interessava capire se c’è spazio per i nostri imprenditori».
C’è?
«Certo: nell’agricoltura, nell’edilizia, nella cantieristica, ovunque. I nordcoreani hanno bisogno di tutto».
Magari anche di diritti umani.
«Anche. Ma la pena di morte c’è anche negli Usa, la libertà religiosa non c’è in Arabia, l’informazione libera in Cina, eccetera. I Paesi che devono fare passi avanti sono centinaia e non sono tutti sotto embargo come la Corea. Una misura assurda. Come quello contro Cuba, o la Russia».

Non vorrà lasciare che Putin si pappi l’Ucraina.
«Con la Russia bisogna discutere. Le sanzioni sono una sciocchezza che è già costata un miliardo al nostro export. È ora di farla finita, anche perché siamo noi ad avere bisogno della Russia e non la Russia di noi. Io andrò là in ottobre».

Salvini è andato in Corea del Nord scortato e accompagnato da Antonio Razzi, senatore di Forza Italia noto per le sue gaffe e per la sua improbabile amicizia con il paese di Kim Jong-un. Razzi è anche presidente della Associazione parlamentare d’amicizia Italia-Corea del Nord.

“Kim Jong-un l’avete visto?” continua Mattioli.
«No. Però ho incontrato Pak Doo-Ik, che ci fece il famoso goal nel ’66. Personaggio fantastico. In Corea del Nord tutti i ragazzini fanno sport. E a me piacerebbe che anche a Milano i miei figli potessero giocare per strada».
Beh, in Corea le macchine non ci sono.
«Nemmeno criminalità e prostituzione, se è per questo».
Il gulag è un buon deterrente?
«Anch’io avevo un giudizio negativo prima di andar là. Adesso lo è meno. È importante vedere di persona».
Anche lei come Razzi pensa che la Corea del Nord sia come la Svizzera?
«Per la pulizia, certamente: non c’è una cartaccia per terra. Ma io preferisco la libertà sempre e comunque».
Futuri sviluppi delle relazioni?
«Con noi c’erano due talent scout di squadre di calcio che faranno venire in Italia una decina di ragazzini. E una delegazione nordcoreana arriverà entro metà settembre per continuare il dialogo. Nell’interesse del mondo».
Addirittura!
«Credo che con una potenza nucleare sia meglio il dialogo dell’embargo».
Com’è viaggiare con Razzi?
«Non lo conoscevo, ma è simpatico. Anche se politicamente siamo lontani: io non ho mai cambiato partito».
Comunque ci volevano i nordcoreani per farla mettere in giacca e cravatta. Il web ribolle di ironie per il color «caffelatte», diciamo così, del suo completo.
«Un vestito sobrio ed elegante. Indossato in segno di rispetto per gli ospiti».
Sia sincero: in Corea del Nord ci vivrebbe?
«Per carità. Io sono nato, vivo e morirò a Milano. Però lì ho fatto un’esperienza che consiglio a tutti i suoi lettori».

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