Sanità e sprechi. Una vicenda romana, la storia infinita del RECUP nel Lazio

Francesco Storace, dopo di lui non c'è riuscito Marrazzo, ora tocca a Polverini

 

Un bel problema, tra i tanti, per i primi 100 giorni della neo presidente del Lazio Renata Polverini: trovare il bandolo della matassa del Recup, che si è aggrovigliata senza approdare a nulla per l’intera legislatura appena conclusa. “Tutto sbagliato, tutto da rifare”, si potrebbe infatti sintetizzare in poche parole il lavoro svolto fino ad ora, riprendendo il motto di bartaliana memoria. 

La realizzazione di un sistema unico regionale per la prenotazione delle prestazioni sanitarie specialistiche costituisce una delle sfide progettuali più complesse che la Regione Lazio si sia mai trovata a gestire: basti pensare che il Lazio è l’unica Regione europea ad avere un sistema di prenotazione sanitario su base regionale. 

E’ un obiettivo realizzato dalla Giunta Storace, vincendo forti resistenze di molte aziende sanitarie. Nel RECUP convergono complesse tematiche di ordine industriale, tecnologico, strategico, che coinvolgono soggetti diversi e tra loro indipendenti: la Regione Lazio, la società LAIT (società in house di informatica della Regione Lazio che ha la titolarità del servizio dal 2005), le 20 ASL/AO, il fornitore del servizio di call center e back office, nonché i fornitori di tecnologia. Il servizio di call center rappresenta, anche dal punto di vista economico, la componente più significativa del sistema, che è arrivato a gestire, annualmente oltre 12 milioni di prenotazioni. La Cooperativa CAPODARCO gestisce il call center fin da quando, nel 1999, le era stata aggiudicata la gara (all’epoca dal Comune di Roma attraverso FARMACAP) per la gestione del nucleo originario di quello che poi sarebbe divenuto il RECUP regionale. 

Appena ereditato il servizio, LAIT ha avviato tutte le possibili attività atte ad individuare le migliori modalità tecnico-economiche per la sua gestione, compresa la costituzione di un’apposita società mista pubblico-privata. Ma la Regione, nel frattempo Marrazzo sostituiva Storace, tardava a fornire il necessario indirizzo politico e amministrativo. Nel dicembre 2005, con una nota congiunta, gli assessori alla sanità e all’informatica comunicano che la giunta regionale avrebbe a breve definito i successivi provvedimenti per l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, invitando al contempo LAIT ad adottare tutte le iniziative per assicurare la continuità del servizio, e solo nell’aprile del 2006, a quasi un anno dal suo insediamento, la nuova amministrazione riesce a venire a capo della questione: con la delibera 220 incarica la società informatica di procedere, mediante gara ad evidenza pubblica, alla individuazione del soggetto cui affidare le attività di gestione e di erogazione del servizio regionale Recup. 

Vengono assunti dalla Regione i conseguenti impegni di spesa (122 milioni di euro in 5 anni) e LAIT delibera, nell’ottobre 2006, la pubblicazione delle due distinte gare, una per il servizio di call-center e l’altra per la realizzazione dell’infrastruttura tecnologica. La gara per la gestione del call center, con una base d’asta di 64 milioni di euro più IVA per una durata del servizio triennale, vede la partecipazione di un unico operatore (Capodarco). Si scatenano le polemiche e, a seguito di un esposto del consigliere regionale Alessio D’Amato, si apre una procedura di infrazione presso la Commissione Europea. La notizia viene pubblicata dagli organi di stampa ed emerge che, nella definizione del capitolato, sono stati utilizzati parti del sito internet di Capodarco, risultata poi unico concorrente. E’ il primo scandalo significativo in cui incappa la Giunta Marrazzo. L’imbarazzo è forte e viene disposta la revoca della procedura di gara, mentre la Procura della Repubblica di Roma apre un fascicolo di indagine sul caso ipotizzando il reato di “turbativa d’asta”, e invia 5 avvisi di garanzia, di cui 2 a carico del Presidente e di un dirigente di LAit (che si dimettono), 2 a carico di dirigenti in forza presso l’Assessorato alla Sanità e 1 a carico del direttore di Capodarco (ancora in carica). 

Marrazzo, scottato dallo scandalo, da indicazione a Lait di attivare una procedura concorrenziale ineccepibile. Si commissiona ad una società specializzata una indagine di mercato per verificare gli elementi di valutazione necessari a definire i parametri per l’indizione di una nuova gara. Si condividono le bozze dei nuovi atti di gara con i competenti uffici della commissione europea per quanto attiene alla conformità con i regolamenti comunitari che, infine, vengono approvati nell’ottobre del 2007. La Direzione Regionale Tutela della Salute istituisce una commissione che approva lo studio di fattibilità di Lait per la nuova gara. Il nuovo bando viene sottoposto alla Commissione Europea (ove è ancora pendente il ricorso contro la vecchia gara) che dà il nulla osta a procedere. 

Nel frattempo , la Regione Lazio, ha sempre assicurato le risorse economiche necessarie a garantire la continuità dell’erogazione del servizio di call center da parte del fornitore CAPODARCO (oltre 50 milioni di euro nel biennio 2006-2007) e, nel maggio 2008, finalmente finanzia la base d’asta per la gara del servizio di call center e pubblica (attraverso Lait) la gara europea mettendo a base d’asta 15,5 milioni di euro più iva annui per 3 anni di servizio, per un totale di 46,5 milioni euro. La scadenza delle domande di prequalifica è fissata per il 10 settembre e pervengono 14 domande da 14 raggruppamenti di impresa composti complessivamente da 26 aziende. Parallelamente, la Procura di Roma richiede il rinvio a giudizio per gli imputati dell’indagine penale avviata a seguito della pubblicazione della prima gara del 2006. Gli imputati vengono rinviati a giudizio e il processo, ancora in corso, inizia nel marzo 2009. 

A questo punto avviene “l’inspiegabile” colpo di scena. Il Presidente Marrazzo inverte la marcia sostenendo la necessità di interrompere la gara avviata, nonostante l’evidenziazione da parte di molti della delicatezza della situazione (inchiesta della procura in corso con rinvio a giudizio per turbativa d’asta, impeccabilità della nuova procedura di gara, concertata tecnicamente con la commissione europea e corredata di molti pareri legali, possibilità di integrare la procedura in corso con eventuali nuove esigenze prospettate, come l’estensione del sistema di prenotazione alle agende dei privati, l’integrazione dei lavoratori disabili, la localizzazione della struttura di raccolta delle informazioni). 

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