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Sanità, il piano per abbattere le liste di attesa: critiche dalle Regioni Cgil e opposizione all’attacco

Nuove misure sulla Sanità: meno liste di attesa, visite anche in farmacia, multe alle Asl lente, Cup unico, visite diagnostiche anche sabato e domenica. Con due provvedimenti – un decreto legge ed un disegno di legge – il governo è intervenuto nella giungla sanitaria pubblica per disboscarla. E ha annunciato una deforestazione massiccia giusto a pochi giorni dalle Europee partendo con un piano (forse) velleitario, certamente ambizioso: abbattere le liste di attesa nella sanità pubblica. Un calvario che si trascina da anni. Cioè basta attese infinite . E poi: “Da gennaio 2025 sarà abolito il tetto di spesa per il personale,” parola del ministro della Salute Orazio Schillaci. Che ha aggiunto incentivi per il lavoro, sanzioni ai direttori delle ASL inadempienti.

Regioni critiche

I rappresentanti delle Regioni hanno sollevato dubbi. Hanno delle perplessità sui fondi. Chiedono un incontro per presentare delle modifiche al decreto. Si vedrà. Comunque si sono già lamentati perché non sono stati consultati. La premier Meloni vuole affrontare un problema che “in passato è stato affrontato in modo non efficace: le liste di attesa e la cronica assenza di medici e personale sanitario”. Giorgia Meloni lo ha scritto sui social. E poi oltre alle misure per abbattere le liste di attesa la premier ha assicurato l’impegno “per aumentare i posti nelle facoltà di Medicina. Arriveremo ad avere a disposizione 30.000 studenti in più in pochi anni. Lavoriamo per superare la lotteria dei test di ingresso a Medicina”. I provvedimenti governativi hanno subito giudizi differenti dalle sigle del settore sanitario.

Cgil e partiti di opposizione all’attacco

Il clima politico è rovente. Dura la Cgil per bocca di Daniela Barbaresi: “L’atteso intervento sulle liste di attesa, da grande spot elettorale si trasformerà in un flop. Il governo ha partorito un topolino”.
Dura anche la posizione di Elly Schlein: “La nostra campagna sulla Sanità Pubblica ha ottenuto un primo risultato: costringere il governo Meloni ad ammettere che avevamo ragione noi. E cioè che non ci sono risorse sufficienti per abbattere le liste di attesa. E così, a 4 giorni dal voto , portano in Consiglio dei Ministri una norma già contestata dalle regioni, perché sembra fuffa”. Si è accodato il M5S: “Gli italiani fanno file lunghissime per un qualsiasi esame. Il governo scopre la sanità solo in campagna elettorale”.  Sulla stessa linea anche Matteo Renzi.

Due ospedali su tre hanno più di 50 anni

È il caso di ricordare che la Sanità Pubblica ha molti altri problemi, oltre ai tempi lunghi per visite specialistiche ed esami clinici. La Sanità Italiana ha anche un serio problema relativo all’età di molte strutture ospedaliere, in gran parte dei casi vecchie e datate. I dati di Agenas (ente pubblico non economico) parlano chiaro: il 10% degli ospedali attivi in Italia è stato costruito prima del 1800. Il 6% tra il 1801 e il 1900, il 20% tra il 1901 e il 1940, il 30% tra 1941 e il 1970. In totale il 66% degli ospedali italiani risale a 50 anni fa ed anche più. Umbria, Lazio e Toscana hanno le strutture più vecchie.

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