Fatwa della Santanché contro i giudici: “Vi siete persi Yara per cercare le Olgettine”

Daniela Santanché

ROMA – “Dopo la vicenda della piccola Yara i magistrati dovrebbero dimettersi” perché “se avessero impiegato per le ricerche le stesse risorse e tecnologie che hanno speso per indagare sulle ragazze dell’Olgettina forse Yara sarebbe ancora viva”, parola di Daniela Santanché.

E’ questa l’ultima sparata del sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’attuazione del programma Daniela Santanché. Sui giudici, sui magistrati ha lanciato una autentica fatwa, una maledizione: vi siete persi Yara per cercare le Olgettine. Non ci sono fatti dietro le parole della Santanché, anzi i fatti dicono di centinaia di persone impegnate nella ricerca della povera ragazza e di decine di telefoni intercettati nell’area di Brambate di Sopra. Ogni paragone è incongruo, almeno incongruo per usare eufemismo. Ma, anche a seguir la “logica” del raffronto, le indagine sulle “olgettine” hanno impegnato dieci agenti di polizia e un costo complessivo di meno di 30mila euro, intercettazioni comprese. Sono fatti noti e documentati, ma la “fatwa” non cerca fatti, punta a scatenare emozioni.

Il Pd si è prontamente indignato chiedendo al Governo di intervenire, l’Idv ha parlato di “sciacallaggio”. La vera risposta è venuta dalla Procura di Bergamo, titolare delle indagini su Yara. Tramite una nota ha fatto capire di non aver, anche qui l’eufemismo è d’obbligo, apprezzato l’intervento. “L’assurdità e il livore che connotano tale dichiarazione sono tali che la stessa non meriterebbe alcun commento da parte della Procura di Bergamo, tuttavia sento il dovere di intervenire per evidenziare come, contrariamente a quanto sostenuto dall’autorevole esponente del governo, con il coordinamento del sostituto delegato per le indagini, le forze dell’ordine, la protezione civile, le polizie locali e migliaia di volontari, con un’abnegazione veramente fuori dal comune, si sono prodigati per mesi nella ricerca di Yara Gambirasio e contemporaneamente nell’individuazione dei responsabili di eventuali reati, utilizzando tutti gli strumenti anche tecnologici conosciuti. Ovviamente la Procura di Bergamo ignora, in quanto utilizzate da altro ufficio di Procura, quali siano state le ‘risorse e le tecnologie’ spese per indagare ‘sulle ragazze dell’ Olgettina’ ma, qualora l’on.Santanché, che evidentemente ne è a conoscenza, vorrà comunicarcelo, anche se oramai con ritardo, le assicuriamo che siamo pronti a fare altrettanto. Credo che l’on. Santanché, di fronte a questo tragico evento, abbia perso una buona occasione per restare in silenzio, come ha fatto questo ufficio dal 26 novembre 2010”.

Ma la storia della Santanché dimostra che lei non è una che sta in silenzio, nella sua carriera politica ha detto di tutto e sparato contro tutti, compreso Berlusconi che oggi difende a spada tratta. Nella primavera del 2008, quando era candidata premier de La Destra dichiarò: “Le donne per andare in Parlamento lo possono fare solo con me. Vorrei fare un appello a tutte le donne italiane. Non date il voto a Silvio Berlusconi, perché Silvio Berlusconi ci vede solo orizzontali, non ci vede mai verticali”. Che sapesse qualcosa del Bunga Bunga? Ma da allora, evidentemente, la geometria, o almeno quella politica della Santanché, deve essere radicalmente cambiata. Oggi infatti fa parte a pieno titolo del Governo Berlusconi. Ma si sa, solo gli stupidi non cambiano mai idea.

Nel menù delle “sparate” della Santanché ce ne sono però almeno un altro paio che meritano di essere ricordate come quando, nel novembre del 2009, ai microfoni di canale 5, disse candidamente “Maometto aveva nove mogli, l’ultima era una bambina di nove anni. Maometto era un poligamo e un pedofilo!”. Caos in studio, rissa sfiorata e polemiche a go go. In quell’occasione toccò ad Alba Parietti, ospite anche lei della trasmissione in cui la Santanché esternava, notare che forse la Danielona aveva un filo esagerato: “In un momento talmente delicato, bisogna evitare estremismi. La figura migliore, più civile e condivisibile, ieri l’ha fatta l’imam” che era ospite a Pomeriggio Cinque.

Ultimamente poi la vulcanica sottosegretaria si è lasciata andare al dito medio, nel senso che in televisione ha gentilmente e ripetutamente mandato a “quel paese” la Littizzetto mostrandole, a lei e a tutti i telespettatori, il medio. Gesto inequivocabile che di solito si usa più allo stadio che in tv, ma la Santanché è una donna verace.

Nonostante queste divagazioni il tema della magistratura e delle intercettazioni è evidentemente un tema caro all’ex candidata premier de La Destra. Solo alcuni mesi fa infatti, era maggio 2010, la Santanché, discutendo del disegno di legge sulle intercettazioni di Alfano, ancora ai microfoni di canale 5, disse: “Che senso ha intercettare un mafioso mentre parla con la madre? E’ un abuso!”. Ora, la confusione è tanta, mettendo insieme le dichiarazioni possiamo capire che: intercettare telefoni di ragazze che forse commettono reati non è cosa buona, intercettare mafiosi quando non commettono reati nemmeno, intercettare chi ha rapito Yara invece è cosa buona.

Forse è il caso che la Santanché rifletta un attimo su quello che dice, anche se probabilmente parla più per vis polemica che non con cognizione di causa. Non si può essere un giorno garantisti fino a sostenere che intercettare un mafioso, magari ascoltando anche conversazioni che non hanno rilevanza penale (e che come tali verrebbero distrutte), sia un abuso e scoprire poi, il giorno dopo, che la magistratura deve usare tutti mezzi per salvare una bambina sparita. Le intercettazioni oggi ci sono e si possono fare, nel caso di Yara purtroppo non sono servite, ma con il disegno di legge che la Santanché sosteneva  sarebbero state limitate nel tempo e mai “ambientali”, e allora di chi sarebbe stata la colpa della morte della ragazzina, del Governo, del Parlamento, di Alfano?

E quali mezzi avrebbe usato la procura di Milano nell’indagine sulle ragazze dell’Olgettina che a Bergamo non hanno usato? Non è dato saperlo. E, per amor di chiarezza, è bene sapere che anche se le forze di polizia in Italia non navigano nell’oro, non sono nemmeno così povere da avere i mezzi solo per un’indagine per volta.

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