Santoro se ne va: storia di demagogia, libertà e soldi

di Lucio Fero
Pubblicato il 19 Maggio 2010 - 15:16| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

 

Michele Santoro in onda

 

Tra i tanti che giustamente si dolgono perchè Annozero chiude di fatto il prossimo dieci giugno, tanti provano l’amara sensazione che Michele Santoro abbia “tradito”. Quei molti, con comprensibile stupore e perfetta buona fede, guardano il “dito” e “l’albero” e non vedono la “luna” perdendosi nella “foresta”. Di Santoro diremo perchè c’è da dire. Ma prima è il caso di riprendere e utilizzare la proverbiale immagine del dito che calamita l’attenzione e distoglie dal guardare la ben più grossa luna e dell’albero che chiude la ben più ampia prospettiva della foresta. Santoro è il “dito”, guardiamo prima ciò che è più grande e ampio di Santoro.

La “foresta” nella quale ci stiamo perdendo è quella della “normalità rassegnata”, anzi accettata. Ci appare “normale” che la Rai si liberi e si disfi di tutti quelli che non siano omogenei, omologhi e omologabili alla narrazione, al “format” di chi comanda. Santoro non “molla” e non viene convinto a mollare, pagato per mollare perchè “demagogica”, gridata e recitata è la sua tv. Non perchè la sua televisione a tesi sia vestita impropriamente e qualche volta travestita da informazione. Al posto di Santoro la Rai metterà prima o poi il “Libero-pensiero”, la demagogia alla Belpietro.

Se lo schema narrativo di Annozero si poteva ridurre al “Tutti ladri”, lo schema che verrà sarà quello del “tutti fannulloni, parolai e gay”, lo schema stampato ogni giorno su Libero e su Il Giornale. La foresta nella quale ci siamo persi è quella dove è cancellato, abolito il sentiero dell’informazione che non sia uno show. Fuori il “tribuno della plebe”, dentro “l’ammazza sinistra e comunisti”. E che “gridi” di più chi più può. Ci appare normale, perfino logico. Ed è invece patologico e folle rinunciare al diritto civile di essere informati in cambio dell’abitudine e garanzia di essere eccitati e infoiati l’un contro l’altro.

La “luna” che muove le maree del nostro umore e dei nostri giudizi, la luna che non guardiamo più è quella che illumina il nostro solo pensiero e “valore”: i soldi. Esemplare al riguardo il titolo in prima pagina del Corriere della Sera del commento di Aldo Grasso: “Dalla Trincea all’incasso”. Il titolo e l’articolo-commento, peraltro steso da uno dei più intelligenti, colti e accorti conoscitori di tv, è stavolta omaggio e inchino alla demagogia. Ironia maligna della sorte stavolta Grasso pecca dello stesso peccato di Santoro: la demagogia.

Grasso scrive che Santoro ha prima promosso e poi venduto a caro prezzo se stesso. Si può domandare a Grasso cosa avrebbe fatto lui se ogni suo articolo, pur pubblicato, fosse accompagnato da una dura discussione con il direttore del Corriere, da ammonimento dell’editore del Corriere, da pubblico disprezzo del capo del governo, da puntuale ricorso alla magistratura tramite querela. Avrebbe negoziato o no una uscita dal Corriere? Ma Santoro ha “spuntato” due milioni e forse più di buonuscita, monetizzando anche l’ultima sentenza a suo favore in arrivo. E poi puntate di docufiction garantite dalla Rai al costo di un milione e passa l’una. Fanno dieci milioni di euro, forse di più.

Ed è su questo, su questa cifra che l’Italia dibatte, incuriosisce, mormora, giudica, dispera e sogghigna. L’unico metro che tutti impugnano è quello dei soldi: Santoro scaltro? Santoro opportunista? Santoro risarcito? Santoro abile? Santore traditore? Santoro furbone o furbastro? Santoro vittima che vende cara la pelle? Dipende dai milioni. Altro da valutare non c’è. La gente, tutta la gente, di alta e bassa società, di sinistra e di destra, ne fa una questione di portafoglio. Misuriamo in euro una vicenda di cultura, diritti, civiltà: è questa la “luna”.

Infine e solo infine il “dito”, Santoro. Ha costruito una tv di successo sulla base della falsa equazione per cui un bisogno gridato in una piazza televisiva diventa un diritto. Falsa e demagogica equazione, ma gli altri, tutti gli altri, politici di successo come Bossi e Berlusconi in testa, non fanno altrettanto? Santoro ha raccontato per anni che “la gente ha sempre ragione”. Non è vero ed è un principio corrosivo per la stessa democrazia, per non dire dell’informazione. Ma non è questo il Comandamento Numero Uno della nostra vita pubblica, comandamento la cui trasgressione è punita con l’impopolarità anche elettorale, anche editoriale?

Santoro ha condotto a nozze informazione e spettacolo, in un matrimonio dove lo spettacolo si è divorata l’informazione. Perchè, Vespa che fa e con Vespa tutti gli altri? Nel fare quel che ha fatto e che tutti provano a fare Santoro è il più bravo. Non merita l’insolenza di chi oggi sussurra e grida si sia venduto per soldi. Non meritava neanche di essere scambiato per la Verità e la Libertà. Santoro non ha tradito nè l’una nè l’altra, tanto meno per soldi. Santoro è stato il regista e l’ideatore, l’anima e la mente di un professionale spettacolo dal titolo “Attacco al potere” che ha tenuto il cartellone per anni. Gli chiudono il Teatro, non poteva resistere nè doveva andarsene gratis o fare uno sconto alla Rai-impresario. Non era Santoro in Rai la Libertà e la Verità altrove negate, era il migliore show-man. Dopo di lui ne verranno altri, saranno peggiori e men che mai saranno neanche l’imitazione e l’illusione della Libertà e Verità.