Cosa vuole Santoro? La domanda che Michele non doveva lasciare aperta

ROMA – Cosa vuole davvero Michele Santoro? Chi ha seguito l’ultima puntata di Annozero, e in particolare la prima parte della trasmissione, quella in cui il conduttore si è rivolto alla dirigenza della Rai, si è posto questa domanda, indotta dalle molte parole, molte emozioni e molti giri di parole fornite dal conduttore. Dove vuole andare a parare, cosa vuole ottenere? L’idea di Annozero al costo di un euro è una provocazione, efficace, ma pur sempre una provocazione. E allora a cosa punta davvero Santoro? I dietrologi si sono già sbizzarriti sul tema, vuole una direzione, vuole alzare il prezzo di un possibile nuovo contratto, vuole un contratto Rai sulla amata docu-fiction, vuole “vendicarsi”, vuole rivendicare…

Santoro, e questo è un fatto, ha praticamente vinto su tutto. Si è messo in tasca un cospicuo, motivato e sudato assegno e, anche se come dice a ragione, i soldi li ha guadagnati e la dignità del lavoro ha una sua importanza, questo rimane un fatto. Ha vinto dal punto di vista dell’immagine ritagliandosi ieri una tribuna da cui dire cose, in alcuni casi sacrosante, ma senza la possibilità di essere contraddetto. Lascia quindi la Rai Santoro all’apice della sua forza, forte di una trasmissione seguita da milioni di telespettatori e che ha battuto ogni record d’ascolto, e forte di un accordo economico assolutamente vantaggioso. E con l’accordo fresco di sigla Santoro si è anche liberato dal “peso” della sentenza che lo reintegrava nella tv pubblica. Meglio di così non gli poteva andare.

La Rai, da qualsiasi punto di vista si osservi la situazione e al contrario del suo forse ex conduttore, è in una posizione in cui peggio non si poteva trovare. Ha sborsato alcuni milioni di euro per lasciare libero uno dei suoi personaggi di punta. Personaggio capace di portare pubblico e quindi pubblicità nella tv pubblica. Un uomo che qualsiasi azienda libera da logiche politiche ed attenta a normali logiche meramente commerciali si terrebbe ben stretta. E la tv pubblica dovrebbe far lo stesso. Singolare poi l’idea di democrazia espressa proprio ad Annozero da Castelli, che ha sostenuto che non è giusto che Travaglio dica la sua tramite la tv pubblica perché essendo pubblica non deve esprimere opinioni che possono essere solo di alcuni, di conseguenza secondo la logica del leghista, la tv pubblica dovrebbe trasmettere partite e film e basta perché non esiste opinione che sia unanimemente condivisa, a meno che non si sancisca che l’opinione del Governo è l’unica accettabile, ma questa sarebbe un’altra storia. La Rai quindi, comunque la si metta, non fa una bella figura con la vicenda Santoro.

Paolo Garimberti, il presidente Rai, in apertura di una conferenza stampa in cui si illustrava l’accordo fatto da viale Mazzini con la FIGC, ha voluto rispondere a Santoro che ieri lo aveva tirato in ballo. E ha balbettato una risposta parlando di lavoro che va pagato e che quindi a un euro non si fa nulla, dicendo che Santoro è una star e che guadagna molto più di lui e altre piccolezze simili. Poteva, il presidente, raccogliere l’offerta di Santoro, facendo così l’interesse dell’azienda assicurandogli una trasmissione di successo a “basso costo”. Se quello di Santoro era un bluff, poteva “scoprirlo”. Fatto questo poteva poi, secondo logiche politiche a questo punto, mettere in condizioni Annozero di andare in onda veramente o, se questo per motivi non di mercato non fosse stato possibile, mettendo Santoro nella condizione di essere lui a non accettare. Ma non lo ha fatto. La dirigenza Rai non hai mai brillato, e ultimamente le cose vanno sempre peggio, per tempismo e modi di comunicazione. Ma su questa vicenda ha aggiunto un nuovo capitolo alle cose che potevano essere evitate.

Cosa voglia davvero Santoro, non è chiaro. Forse anche andarsene “alla grande”. Come nel calcio fece Mourinho quando salutò l’Inter subito dopo aver vinto tutto. D’altra parte come quando si tocca il fondo non si può che risalire, allo stesso modo quando si ottiene il massimo non si può che ridiscendere. E per questo bisogna anche saper capire, come al gioco delle carte, quando è il momento di raccogliere la vincita e abbandonare il tavolo. L’unica certezza è che, comunque vada, Santoro ha vinto e la Rai ha perso. Si può giudicare eroico o stucchevole il ripetuto gioco di Santoro del “vado ma se volete resto”. Si può diffidare della sua retorica sui “veri uomini Rai di una volta”, oppure condividere la sua narrazione di una vita per la Rai e di una Rai per la vita. Si può dubitare del suo assioma per cui chi ha successo e ascolti ha anche e solo per questo sempre ragione, in fondo è lo stesso argomento adottato da chi, vinte le elezioni, sostiene di essere l’unico potere legittimo e “votato”. Oppure si può ammirare il professionista e difendere la sua libertà identificandola con la propria. Si può pensar male dei suoi toni dove ci sono troppi “Attenti, uomini della Rai”, toni che ammoniscono troppo. Oppure si può idealmente abbracciare Santoro, il suo coerente esser da sempre “anti-potere”. Una cosa però Santoro la doveva a chi lo ama e a chi non lo sopporta: non doveva lasciar aperta la domanda su cosa voglia davvero. Doveva Santoro parlar chiaro, un grande comunicatore come lui, se non lo ha fatto, non è stato per caso.

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