Sardegna. Arturo Parisi: “Candidato mai, Barracciu vittima degli anti primarie”

Sardegna. Arturo Parisi: "Candidato mai, Barracciu vittima degli anti primarie"
Arturo Parisi contro i nemici delle primarie. Ma la Procura della Repubblica…

CAGLIARI – Pd nella tormenta in Sardegna. Mentre parte all’attacco contro i “capibastone medievali” Francesca Barracciu, costretta dal Partito democratico e dal buon senso a rinunciare alla candidatura a Presidente della Regione Sardegna, ha fatto sapere di non volersi candidare uno dei possibili nomi alternativi, Arturo Parisi, ex ministro e personaggio di spicco del Pd nazionale.

Lo ha fatto però in un modo che ha reso le cose più complicate. Arturo Parisi è stato chiaro nel rifiuto, ma ha di fatto peggiorato la situazione. Non è entrato nel merito della rinuncia di Francesca Barracciu, schiacciata dallo scandalo dei 33 mila chilometri di rimborsi con fondi pubblici e dall’inchiesta giudiziaria. Ha però attaccato, in sintonia di fatto con Francesca Barracciu, quelli che l’hanno fatta rinunciare, individuandoli, nel suo linguaggio un po’ profetico, non come gente che aveva a cuore l’interesse del Pd ma come un gruppo di torbidi mestatori. Le parole di Arturo Parisi, raccolte da Sardinia post, sono:

“Sento avanzare l’ipotesi di una mia candidatura in sua sostituzione, anche se non da parte di organi a questo titolati né per iniziativa degli esponenti che in questi mesi hanno cooperato per ottenere la sua rinuncia. Per evitare che vada perduto altro tempo prezioso voglio precisare che se avessi ritenuto ci fossero le condizioni per una mia proposta per il governo della Sardegna l’avrei sottoposta nelle elezioni primarie”.

“Chi ha seguito la mia battaglia politica sa infatti che da sempre è mia convinzione che qualsiasi proposta dotata di un respiro necessario a rinnovare la politica e il governo della cosa pubblica, debba cercare fin dall’inizio la sua forza, non più come in passato, in riunioni riservate, ma in un mandato raccolto alla luce del sole direttamente tra i cittadini.

“A questo punto non ritengo possa bastare alla Sardegna una proposta che a poche ore dalla scadenza ultima sarebbe, per quel che mi riguarda, inevitabilmente improvvisata. E meno che mai mi riterrei capace di costruirla a partire da una unità fondata su una tregua raggiunta solo attorno ad un No da capicorrente che si sono finora combattuti senza sosta. “Non vorrei che il bersaglio dell’azione ieri portata a termine fossero le primarie stesse, più che il risultato delle prime primarie per il candidato a Presidente svoltesi in Sardegna, in modo da riportare nelle mani di poche decine di persone quel potere che era stato finalmente riconosciuto alla generalità degli elettori”.

Le acque sono molto intorbidite. Il segretario regionale della Sardegna Silvio Lai ha convocato la Direzione del Partito democratico per il 2 o il 4 gennaio, con questo ordine del giorno: la “nomina del candidato alla presidenza della Regione”.

Sul fronte dei “papabili”, Sardinia post riferisce che

“cominciano a circolare – ma non è ben chiaro se per una sorta di ‘dovere istituzionale’ o per reale convinzione – i nomi di due donne presidenti di Provincia: Angela Quaquero, che fino a ottobre guidava la commissariata Giunta di Cagliari, e Alessandra Giudici saldamente in sella a Sassari. Entrambe sono due piddine di ferro. Tuttavia, il Pd non ha l’ossessione di sostituire donna con donna.

“Restano in campo i nomi di Carlo Mannoni e Francesco Pigliaru, entrambi ex assessori della giunta Soru. Mannoni sarebbe gradito dall’exx governatore, mentre Pigliaru raccoglie consensi trasversali, anche esterni al Pd. Sempre in corsa pure Franco Siddi, segretario della Fnsi (Federazione nazionale della stampa) che, ugualmente, piace a diverse componenti democratiche (a cominciare da quella di Paolo Fadda) e sarebbe gradito pure alla Cgil.

“Fuori gioco, ormai, Attilio Mastino, l’ex rettore dell’Università di Sassari suggerito dal leader del Partito dei Sardi, Paolo Maninchedda.

“Quanto alle alleanze, l’uscita di scena della Barracciu dovrebbe produrre l’effetto di ricompattare il tavolo che, dunque, riparte da Pd, Sel, Centro Democratico, RossoMori, Socialisti, Idv, Rifondazione, Comunisti Italiani, Upc e Verdi. Ma sembra scontato l’ingresso del Partito dei Sardi a rappresentare un’ulteriore quota sovranista. Invece: Irs, che ha bollato come “operazione di facciata” il passo indietro chiesto alla Barracciu, potrebbe correre da sola”.

Francesca Barracciu, subito dopo la rinuncia, come ha riferito Sardinia post, ha lanciato il suo

“durissimo atto d’accusa contro quelli che definisce “i capibastone”: Antonello Cabras (già senatore, oggi presidente della Fondazione del Banco di Sardegna); Paolo Fadda (già deputato, oggi sottosegretario alla Salute) e Renato Soru (ex presidente della Regione e suo sostenitore alle Primarie)”; seguito da “un annuncio perentorio”:

“L’ultima parola sul nuovo candidato sarà la mia.  Gestirò in prima persona le liste e le alleanze. Non consentirò a nessuno di tagliare le teste dei miei compagni, specie a chi lo fece nel 2009, perdendo le elezioni… Non accetto che mi faccia la morale chi ha già pesantissimi rinvii a giudizio per processi che cominceranno nel maggio del 2014″.

Ha detto ancora Francesca Barracciu:

“Il mio è stato un atto di responsabilità per evitare che il Pd, come volevano i capibastone, si spaccasse in due e che fossero in pochi a sovvertire l’esito delle primarie. Potevo oppormi a questo esercizio medievale del potere, non l’ho fatto per rispetto degli elettori, delle regole ma soprattutto della Sardegna, perché in questa situazione una divisione avrebbe spalancato le porte a una sicura sconfitta alle Regionali”. E ancora: “Con questa mia scelta, ho anche dimostrato che quando a fare politica sono le donne, non cercano vendette e tanto meno vogliono far scorrere il sangue. Questo è il mio atto di generosità verso il Pd”.

Quel che è avvenuto nella direzione regionale del Pd, conclusasi con la rinuncia di Francesca Barracciu, è stato, secondo Sardinia post, uno

“psicodramma”

la riunione riservata tra Francesca Barracciu e

“quelli che poi ha definito “i capibastone”. Quelli che – col sostegno del loro “braccio armato”, il segretario regionale della Sardegna Silvio Lai – hanno messo in atto nei suoi confronti una “aggressione violenta e spietata”.

“Nelle ore trascorse nell’ufficio al primo piano della sede democratica, Francesca Barracciu ha prima tentato di resistere, poi ha preso atto dell’impossiblità di farlo e ha cominciato a occuparsi del dopo, cioè di quanto accadrà nei prossimi giorni. Da oggi fino al 2 o al 4 gennaio – la data è ancora da definire – quando la direzione regionale si riunirà nuovamente per individuare il nome del nuovo candidato del centrosinistra al governo della Sardegna. Decisiva è stata, a tarda sera, una telefonata con Matteo Renzi.

“Non se ne conosce il contenuto. Ma la perentorietà con cui la Barracciu ha affermato che sarà lei a dire l’ultima parola sul nuovo candidato e sulla composizione delle liste fanno intendere che questo sia stato il tema del colloquio. La Barracciu ha chiesto garanzie al segretario nazionale, ed evidentemente le ha ottenute. Abbandona la corsa al governo dell’Isola, ma ne avvia un’altra per il controllo del partito.

“L’indicazione nominativa dei suoi avversari lascia poco spazio a dubbi. In particolare il durissimo attacco contro Renato Soru con tanto di richiamo esplicito al processo (fissato appunto per il prossimo maggio) per evasione fiscale. E poi Antonello Cabras (ieri assente ma, nell’analisi della Barracciu, in realtà ancora presentissimo nella manovre interne) e Paolo Fadda, da sempre contrario alla sua candidatura al governo dell’Isola.

Di certo si apre una nuova fase nel Pd sardo. Dopo le elezioni regionali si svolgerà il congresso. La posta in gioco è il controllo del partito. In questo clima il Partito democratico avvia la campagna elettorale più difficile della sua breve storia.

 

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