Calderoli, da ministro a ministro, un’ipotesi l’aveva avanzata, non fosse altro che per giudicarla inverosimile: “Difficile credere a Scajola corrotto, per quel che se ne sa, per come la raccontano tutti, più che un caso di corruzione sarebbe un clamoroso caso di clamorosa idiozia e Scajola non è fesso”. Calderoli era abbastanza sicuro di fronte a Lucia Annunziata che lo intervistava: nessuno è così “fesso” da pagare in nero con assegni circolari e nessuno è così “fesso” da evadere il fisco davanti a un reggimento di testimoni. E, siccome Scajola non è fesso…
Una seconda ipotesi, più drastica e sconsolata, l’aveva esposta il vice direttore de Il Giornale, Nicola Porro. Raccontava alla radio del Sole 24Ore: “Ho intevistato Scajola e l’impressione è che prendesse me e tutti per i fondelli. Ma come si fa a giurare che quella casa costava 610mila euro? Che a Roma, di fronte al Colosseo, si comprasse casa a poco più di tremila euro al metro quadro? Gli ho offerto aiuto, appiglio: i 200mila in contanti versati come anticipo…Gli ho suggerito: 610mila più 200mila fanno 800 e passa, sempre meno del valore reale di mercato, ma insomma…Niente, Scajola giurava 610mila e basta…Mi sono sentito preso per i fondelli insieme a tutta la pubblica opinione”.
Due ipotesi, entrambe avanzate da alleati e amici, un ministro del governo e un giornalista di destra. Avanzate prima che Scajola si dimettesse: quella del fesso improbabile e quella di uno che improbabilmente vuol farci fessi. La realtà ha superato di gran lunga l’immaginazione, Scajola in carne, ossa e parole ha superato ogni ipotesi. Scajola ha detto davanti ai giornalisti scandendo le sillabe: “Un ministro non può sospettare di abitare in una abitazione pagata da altri, se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata in parte pagata da altri, senza saperne il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per annullare il contratto di compravendita. E’ questo il motivo più forte per cui mi dimetto”. Dunque, letteralmente e senza ombra di dubbio e fraintendimento Scajola dice che forse la casa gli è stata pagata e regalata e lui non lo sapeva allora e non lo sa adesso.
Il che rimanda alle due precedenti ipotesi, aggravandole al limite dell’incredibile. Ipotesi numero uno, fondata sulle parole di Scajola, sorella siamese dell’ipotesi che sia sincero: Scajola vive in un mondo in cui può accadere che gente che non conosci ti paghi e ti regali due terzi della casa che compri e tu non te ne accorgi, non lo sai e ci abiti dentro per sei anni senza mai farci caso. Meraviglioso mondo dove gli “omaggi” sono insieme consistenti, anonimi e invisibili. E’ il mondo raccontato da Scajola: lui la casa l’ha pagata 610mila euro, se altri ne hanno messo altri 900mila lui non l’ha mai saputo, infatti ora, a sei anni di distanza, lo vuole “acclarare”. L’ipotesi numero uno, quella di Scajola assolutamente sincero, dice che era fino a ieri ministro un “fesso assoluto”, uno che gli pagano la casa e lui non se ne accorge fino a che non lo scrivono i giornali.
Seconda ipotesi, anch’essa drammaticamente rafforzata dalle parole del ministro: Scajola prova a prendere tutti per i fondelli. Ipotesi che si fonda sulla improbabilità che qualcuno regali a chiunque una casa ad insaputa del beneficiario. Quale preferire delle due ipotesi? Senza dubbio la seconda, la prima sarebbe devastante e inquietante. Un ministro preso, la defizione è sua, con “il sorcio in bocca” che tenta di prendere per i fondelli non è buona cosa, anzi è cosa pessima. Ma, pur nella sua gravità, è un caso di corruzione. Disdicevole e colpevole umano costume, ma pur sempre un comportamento a dimensione umana. Dimesso un ministro, se ne fa un altro. Brutta storia, c’è da scuotere la testa sconsolati. Ma non c’è da tremare. Se invece risponde a verità la prima ipotesi, se Scajola dice la verità e si è fatto pagare la casa senza farci caso, allora c’è da tremare. Allora nelle mani di un uomo così ingenuo, distratto, irresponsabile, cieco e “fesso” sarebbe stato fino a ieri un pezzo dello Stato e dell’economia: gli incentivi alle imprese, le centrali nucleari…Se a un ministro puoi pagargli la casa e lui non lo sa, allora più che i giudici o i Carabinieri, occorre chiamare gli infermieri.
Di ipotesi ce n’è anche una terza, sta a metà tra le prime due. Ha il vantaggio della maggiore plausibilità, ma lo svantaggio di sommare i “difetti”, della storia non dell’ipotesi, delle prime due. Eccola l’ipotesi: Scajola non è indagato e tale vuole restare. Si è consigliato con i suoi legali e questi gli hanno detto di “staccare”, separare la sua storia da quella di Anemone e Zampolini. Meglio tuffarsi nel ridicolo che in un’incriminazione. Quindi Scajola, a suo tempo “fesso” quando pensò che l’omaggio ricevuto era cosa tanto naturale ed ovvia quanto destinata a non essere mai reso pubblico, adesso prova una strategia difensiva che prende per i fondelli le ipotesi di reato. Strategia che dice: se la casa me l’hanno regalata, io non sapevo, se quegli assegni ci sono, li hanno emessi ed incassati a mia insaputa. Soprattutto, se i soldi di cui erano fatti quegli assegni erano soldi di imprenditori che “ungevano” i potenti per acquisire benevolenza in forma di appalti, allora è stata un’iniziativa del “corruttore” senza che il “corrotto” ne sapesse nulla. Quindi non c’è “corrotto”.
E’ come sostenere che se un bancarottiere ti manda a casa per Natale una bottiglia di champagne, tu tra tanti regali natalizi neanche ci fai caso e, comunque, quella bottiglia non ti compromette e lega in nessun modo al gentile mittente. Una bottiglia sì, e forse anche un prosciutto o un’agenda. Ma una casa? Eppure Scajola ci prova, non senza speranza di successo. In fondo questo è un Paese dove i giornali scrivono: “Troppi interessi hanno mirato a far cadere Scajola, Tremonti e la Lega vorrebbero un loro amico al suo posto”. Non è che i giornali facciano finta di crederci, ci credono davvero. Un Paese dove si racconta e si stampa che il presidente del Consiglio abbia calcolato insieme con Scajola se restando ministro ce la faceva coi tempi a “farsi scudo con il legittimo impedimento”. Non è detto che sia vero ma è apparso a tutti plausibile, possibile, normale che un simile colloquio possa esserci stato. Un paese dove Zampolini racconta ai magistrati: “Mio padre mi lasciò un po’ di oro che ho venduto ad un iraniano di cui non ricordo il nome, ecco da dove veniva il milione e mezzo di euro di cui disponevo”. Come no? A chi non capita di dimenticare il nome di chi ti ha dato un milione e mezzo di euro? Ecco, in un paese così la storia del ministro cui pagarono casa e lui non se ne accorse può persino sperare di essere raccontata con qualche profitto.
I commenti sono chiusi.