Scajola e la casa “insaputa”: la strategia del bue che diceva all’asino…

Claudio Scajola (Lapresse)

ROMA – Negare sempre, anche oltre l’evidenza. Consiglio e massima che ben si adatta alla situazione in cui un marito fedifrago viene “beccato” a letto con l’amante. “Cara, non è come sembra…”. Battuta classica, da manuale. Questo il copione e la linea difensiva adottata dall’ex ministro Claudio Scajola per spiegare cosa è successo nelle ormai famosa vicenda della casa pagatagli “a sua insaputa”. Le prove materiali sono tutte contro l’ex ministro, e sono tante e lampanti, ma lui, imperterrito, schiva e rilancia: “Denuncio tutti”. E lo fa con dichiarazioni ufficiali e interviste rilasciate ai principali organi di stampa.

Qui non si tratta di sapere se Scajola ha commesso reati, per comodità diciamo di no. E non si tratta di sapere se Scajola merita di essere uno degli uomini intorno a cui ricostituire la fibra del Pdl. Per comodità diciamo di sì. Qui si tratta di capire che razza di mondo è quello in cui uno a cui hanno comprato la casa, hanno pagato perfino il “compromesso” d’acquisto, uno che, da ministro, ha ricevuto queste gentilezze da un privato che faceva affari con i soldi pubblici, possa o no rivoltare la frittata fino ad indignarsi e ad accusare. Possa non solo proclamarsi innocente, ma anche candido e puro. Possa non solo difendersi, ma difendersi senza spiegare, dispiegando solo il grido: fatevi i fatti vostri. Se ci saranno delle responsabilità penali, ovviamente, lo stabilirà la magistratura. Se ci sarà una “pena” politica da scontare lo stabilirà il suo partito, il Pdl, da cui tra l’altro già incassa Scajola abbondanti attestati di solidarietà e stima. Ma al di la di queste due responsabilità, penale e politica, ce n’è una terza da cui l’ex ministro cerca di fuggire, quella umana, ottenendo come risultato quello di dar corpo alla vecchia e saggia storia del bue che dava del “cornuto” all’asino. Perché Scajola non solo si difende, attacca. Non solo dice: “Cara, non è come sembra…”, si indigna perché qualcuno ha aperto la porta e infatti Scajola è pronto a denunciare chi è tornato a casa “a sua insaputa”.

La storia è nota ed è vecchia, anche se in questi giorni si sono aggiunti nuovi particolari. Ma merita, almeno per sommi capi di essere ricordata. Claudio Scajola è proprietario di un appartamento a Roma, vista Colosseo, non proprio in periferia o in una zona degradata quindi, pagato, secondo lui, circa 600mila euro. Già questo dato a chi un minimo conosce i prezzi del mercato immobiliare a Roma fa nascere un sorriso sulle labbra, ma non è tutto. Il prezzo di vendita dell’immobile era, naturalmente, più alto. L’ex ministro sostenne a suo tempo che la differenza fu pagata “a sua insaputa”. Esiste ora la prova documentale che nel maggio del 2004  Diego Anemone, il costruttore della cosiddetta “Cricca”, versò 200 mila euro in contanti (oltre ai 30 mila per la mediazione dell’agenzia), per chiudere il preliminare di acquisto di via del Fagutale, via in cui si trova l’appartamento in questione. Circostanza, questa, che, da sola, rende inverosimile l’ipotesi di un acquirente (Scajola) che, al momento del rogito (6 luglio 2004), non si accorge, peggio “non sa”, che per la casa che sta comprando le venditrici hanno già ricevuto parte del prezzo. Anche perché tutti sanno che per comprare una casa serva una proposta d’acquisto, un compromesso e alla fine un rogito. Senza tenere conto poi delle tasse e dei diritti d’agenzia. Ma di tutto questo Scajola sostiene di non sapere nulla.

A dispetto delle parole dell’ex ministro che insiste nel denunciare una “campagna di fango e illazioni” ci sono però prove e dichiarazioni. A cominciare da quelle dell’architetto Angelo Zampolini, il professionista che per conto e con denaro di Diego Anemone paga in contanti la caparra di 200 mila euro per l’acquisto di via del Fagutale e che, al momento del rogito, trasforma l’ulteriore provvista nera di 900 mila euro in contanti messa a disposizione dal costruttore in 80 assegni circolari. Interrogato il 18 maggio dello scorso anno, Zampolini dà infatti le prime due decisive martellate alla già pericolante difesa di Scajola. “Si dava del tu con Anemone, che accompagnai anche a casa sua”, racconta. Di più: “Il giorno del rogito, il notaio certamente non poteva non sapere che la casa di via del Fagutale valeva di più di quanto dichiarato dall’atto (610 mila euro, ndr.). Ricordo che, a un certo punto, il notaio pronunciò una frase del tipo “regolatevi come volete””. Dalle indagini del nucleo tributario della Guardia di Finanza (depositate a Perugia, prima, e ora a Roma), sappiamo come Scajola si regolò. Le due sorelle Papa, Barbara e Beatrice, le venditrici della casa, ricevettero dalle mani del ministro assegni circolari per 600 mila euro (il mutuo che aveva acceso) e da quelle di Zampolini assegni per altri 900 mila euro. Scajola, per non accorgersene, deve essere evidentemente molto distratto.

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