Claudio Scajola alla corte di Berlusconi. Lo scandalo del porto di Imperia gela il quarto rimbalzo della sua carriera

Franco Manzitti

Tre volte sulla polvere, tre volte sull’altar….Questa volta per Claudio Scajola, onorevole Pdl, disarcionato nel maggio scorso dal suo ministero dello Sviluppo economico, per la terza volta nella sua vita da un grande ruolo pubblico, neppure Alessandro Manzoni basta più. Stava per risalire in sella per la quarta volta, dopo un’estate di tormenti e di preparazione di rivincite di fronte all’inchiesta di Perugia sulla cricca che gli avrebbe servito sul piatto d’argento di uno studio notarile a Roma una casa vista Colosseo, con lo sconto a suo dire per lui inconsapevole di 900 mila euro. Indagine a Perugia contro l’ex ministro, praticamente sepolta in quella estate rovente a Imperia e incandescente a Roma, con lo sfarinamento della Pdl, di cui lo Scajola era stato uno dei padri – costruttori.

Invece l’incriminazione da parte della procura della Repubblica di Imperia per presunte scorrettezze e scambi di favori negati alla costruzione del porto di Imperia rischia non solo di fare morire sul nascere le ambizioni di rivincita del gauleiter imperiese ma anche di dare al moncone di partitorimasto a Berlusconi un duro colpo alla vigilia di una tornata elettorale che sarà dilaniante: le elezioni, e Berlù lo sa bene, si vincono sì col carisma, ma anche con l’organizzazione, con i partiti trasformati in macchine macina voti.

Claudio Scajola

Di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno “,  continuava il Manzoni, descrivendo, con la sua mitica rapiditàdi ideazione e esecuzione anche le risalite e le discese di Napoleone, un vero prototipo che a Scajola si può riferire per la statura, per i natali, il grande generale in Corsica e Scajola nella dirimpettaia Imperia Oneglia, che certe mattine di maestrale o tramontana la Corsica da casa Scajola quasi la tocchi con un dito, sporgendoti dalla colline di ulivi.  “Scoppiò da Scilla al Tanai, da l’uno a l’altro mar…..”

L’altro mar, sempre in tempesta per Scajola è il suo, quello sotto casa dove è stato costruito il porto mega di Imperia Porto Maurizio, nel quale la quarta inchiesta, il fulmine o il lampo, in questo caso più di biblica che di di manzoniana definizione, si scaglia proprio quando mancava solo un passo tra Scilla e il Tanai per riemergere con tutto il busto, mica solo con le asole del doppiopetto di ordinanza, sulla scena della ribollente politica romana, berlusconiana, antifiniana.

Dopo avere annunciato con un certo vigore, seguito a mesi di lunghi silenzi e di tignose indagini alla “Sherlock Holmes”, nel settembre scorso, che c’era la prova della trappola in cui la cricca lo aveva precipitato, Claudio Scajola era già bello e pronto per la rentree vera, quella che gli avrebbe consentito di saltare su un nuovo incarico, magari non splendente come quelli ministeriali, ma essenziale per il suo cavalier Berlusconi, deciso a ricostruire il partito, in previsione della battaglia parlamentare e della campagna elettorale. Chi meglio di lui, già scelto nel 1996 da Berlusconi, proprio come massimo esperto di costruzione della macchina partito, indicato alla cerchia stretta dei Letta, Confalonieri, Dell’Utri, Doris, Galliani, Pisanu (perchè Pisanu allora stava là), “come il mio amico Claudio, lui si che se ne intende di partiti, di regolamenti”.

Lui sì che poteva trasformare il partito di plastica del 1994 in partito vero, capace di far piantare le famose bandierine azzurre da Emilio Fede nella notte del grande successo regionale nell’estate del 2000.

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