Claudio Scajola alla corte di Berlusconi. Lo scandalo del porto di Imperia gela il quarto rimbalzo della sua carriera

di Franco Manzitti
Pubblicato il 23 Ottobre 2010 - 18:01| Aggiornato il 14 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

E cosa ti succede quando Scajola, duro come un mastino, determinato come un giapponese in un atollo e convinto che l’Impero celeste non è ancora tramontato, sta per sfoderare la sua recuperata verginità davanti allo scandalo del Fatugale, il quartiere della casa scandalo, acquistata a una cifra che non sapeva, velocemente abbandonata di fronte al ludibrio dilagante? Cosa succede, quando a Imperia e a Roma l’ex ministro ha recuperato i suoi colori, la sua visibilità, spesso invocata come quella della Madonna Pellegrina in una Regione dove la sua evanescenza viene vissuta come un lutto che precipita la Destra nel vuoto pneumatico e in gazzarre da pollaio, quando l’opinione pubblica incomincia a metabolizzare quell’ex ministro, noto per il puntiglio e la perseveranza, scivolato così clamorosamente su una vicenda tanto privata?

Succede che le tempeste, previste da tempo e anche annunciate a settembre da Blitzquotidiano, si addensano e scaricano i loro fulmini. Da mesi, dal fatidico mese di maggio, da quando lo scudo protettivo del potere feudale di Scajola sull’imperiese si è incrinato: nulla che tocchi direttamente il ministro ma tant’è…….

A Sanremo esplode Sprecopoli, uno scandalo che travolge decine di dirigenti comunali e svela un mondo di piccole truffe e intrallazzi con autoblù pagate dal Comune e scomparse in uso a privati, benzina succhiata dalle casse pubbliche per far marciare auto private, affitti pagati da pantalone e usufruiti da ignoti parenti di dirigenti. A Bordighera e Vallecrosia si svelano le vicinanze pericolose tra la malavita organizzata e i leader politici del centro destra, come il pimpante ex An Eugenio Minasso, foto, intercettazioni, piovono schizzi di fango un po’ ovunque sui corridoi dell’impero Scajola, mentre il capo non si può difendere, chiuso nella sua reggia di Diano Calderina, a villa Titina, tre curve sopra il cuore di Oneglia, una volta girata la curva che stacca dal liceo Edmondo De Amicis, a un tiro di schioppo dalla villa del grande poeta Angelo Maria Novaro.

Poca poesia nel giardino del ministro che, minuzioso come un certosino prepara la sua difesa, centellina le sue uscite, pubblica dichiarazioni di fuoco, ricomincia a “scendere” a Roma, frequenta Montecitorio, il Transatlantico e alza il muro della sua difesa. I giudici di Perugia non lo hanno neppure iscritto nel registro degli indagati. L’inchiesta sulla casa pagata spropositamente, “a sua insaputa”, diventa un caso da prescrizione. Certo, resta la figura, il soggetto che per l’estate sta facendo ballare molti comici perchè quella frase “ Non lo sapevo” diventa come uno di quegli sfregi che non si staccano, una gag da risata irridente.

Ci scherza Crozza nel suo programma su la 7, ci si diverte Benigni e ovviamente la stampa nemica spara alzo zero tutta l’estate, definendo il ministro “come l’uomo che non sapeva”. Non sapeva quando, a 34 anni da sindaco di Imperia andò improvvidamente a un incontro segreto con il conte Borletti che voleva concorrere all’asta per il Casinò di Sanremo, non sapeva quando espose di Marco Biagi quel giudizio micidiale, in realtà riferitogli da un altro membro dell’allora governo Berlusconi II, non sapeva ora chi gli avesse pagato la casa del Colosseo.

Ignoranze” che sono costate carceri, processi, assoluzioni piene, esilii dal Governo, dimissioni repentine, fughe a vetri oscurate nelle limousine di Governo, incontri riservati con il Cavaliere a Portofino, a Arcore, per tenere unito un filo di collaborazione che nulla ha definitivamente strappato, neppure questa ultima storia della casa romana, quella che più ha fatto imbufalire il Berlù, ma che nelle intemperie della tempesta politica può rientrare nell’affannoso recupero di seggi, voti e financo competenze.

Scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar….” L’ultimo scoppio, quello del porto di Imperia con l’inchiesta che indaga sia Claudio Scajola che l’aitante maturo Francesco Bellavista Caltagirone, il costruttore romano socio di affari del Comune di Imperia nella costruzione della mega struttura e socio d’amore di Imperia e della sua terra per il legame sentimentale che lo ha portato in Riviera, grazie alla liason con la bella vedova Beatrice Cozzi Parodi, era previsto dallo stesso ex ministro rientrante.

Lo sapevo che mi volevano incastrare lì”, ha quasi sorriso, quando il fulmine e il lampo manzoniani si sono scatenati con la news sulle pagine del Corriere: associati per delinquere, il Bellavista e lo Scajola hanno violato la legge per mettersi insieme a fare il mega porto, metà privato e metà pubblico.