Scuola: tra presenza e Dad i sindacati fanno Ponzio Pilato

di Lucio Fero
Pubblicato il 28 Luglio 2021 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA
Scuola: tra presenza e Dad i sindacati fanno Ponzio Pilato

Scuola: tra presenza e Dad i sindacati fanno Ponzio Pilato FOTO ANSA

La scuola dice no al governo, presidi e sindacati in rivolta: regole certe o tornerà la Dad. Titolo e racconto de La Repubblica, titolo e racconto che il quotidiano raccoglie da fonti, umori, linguaggio dei sindacati che amano definirsi “della conoscenza”. Titolo e racconto da esaminare, da porre a raffronto con la realtà, da leggere come avvertimento su ciò che la scuola rischia, da misurare quanto ad ideologia contenga e diffonda.

La scuola siamo noi

La scuola dice no al governo annuncia candidamente e nettamente La Repubblica e in questa frase c’è un’affermazione, una convinzione, una certezza: la scuola sono gli insegnanti, il personale, chi ci lavora. Non gli studenti. E’ questo il capitolo uno e il primo assioma dell’ideologia sindacal-corporativa: la scuola è il personale docente e amministrativo, gli studenti sono un mezzo e non un fine. In base a questa certezza rivendicata e delibata (e lungamente praticata da decenni) La Repubblica può titolare la scuola contro il governo quando contro sono, come d’abitudine, i sindacati della scuola.

Rivolta, contro cosa?

Presidi e sindacati in rivolta, così prosegue la titolazione de La Repubblica. La rivolta ce la mette il quotidiano, in ossequio all’abitudine, alla coazione ad esagerare, anzi ad usare parole concetti di cui si è persa la dimensione. Comunque, rivolta contro che? Gira e rigira a lungo il malcontento e l’insoddisfazione sindacale: mancano le aule, mancano ancora e ancora non c’è certezza di pubblici trasporti in cui contagio e virus siano aboliti (per decreto?)…Gira e rigira e finalmente approda: servono altri soldi per altre assunzioni. Approdo noto e usuale. Ma non sufficiente a placare l’ansia sindacale. Gira e rigira la protesta, tocca le stazioni degli spazi, dei bus, degli stipendi, degli organici ed ecco che, girando girando, alla fine grida: “Regole certe, oppure…”.

Regole certe, cioè?

Ogni volta che una categoria invoca “regole certe” vuol dire che la categoria a qualcosa non ci sta, a qualcosa fa ostacolo, qualcosa la boicotta. Spiega il quotidiano di riferimento dei sindacati scuola che i lavoratori della scuola sono fieramente contro “l’incertezza”, non intendono tollerarla, tanto meno gestirla. Quindi sono fieramente contro il reale, non intendono tollerare né gestire la realtà. Incerta è l’evoluzione del contagio, del virus e delle sue varianti eventuali peraltro. Incerto è l’esito finale della campagna vaccinale. Incerta è l’altezza e la consistenza del rifiuto a vaccinarsi. Incerti la natura e lo spessore della civil ragione della comunità: filosofi da biblioteca e talk-show e storici dell’arte da cattedra e social network non resistono all’astinenza da dibattito e si mettono a dibattere di vaccino e green pass. In nome del Sì, il dibattito sì, in forza dell’astinenza da protagonismo.

Incerto è il cortile della nostra vita pubblica ingombro di cittadini piccoli piccoli, incerto è il mondo, incerta è la pandemia…Ma presidi e sindacati esigono “regole certe”. Cioè pongono condizioni per aiutare la scuola in presenza, la scuola degli studenti. Pongono condizioni per non sottrarsi. E siccome le condizioni sono irreali, le condizioni poste sono l’alibi preventivo pe sottrarsi. Sottrarsi alla scuola in presenza, sottrarsi alla loro funzione civile. Salvando però la la loro funzione di corporazione sindacalizzata.

Altrimenti torna la Dad…

Se non ci sono i bus in numero infinito e tutti sterilizzati come camere operatorie, se non ci sono le strade e i minuti per farli circolare tutti insieme, se non c’è l’esatta misura dei vaccinati al 13 settembre, se non ci sono aule e locali e palazzi nuovi costruiti per la bisogna, se non ci sono nuovi assunti e nuovi soldi (l’unica cosa impossibile secondo i sindacati della scuola sono i concorsi per verificare le competenze di chi va in cattedra)…”tornerà la Dad”. Facendo mostra di osteggiarla i sindacati della scuola una mano a farla tornare la Dad la daranno. Alla maniera di Ponzio Pilato, non scegliendo tra Dad e scuola aperta chi mandare al Calvario, ma sapendo che se loro si sottraggono nello scegliere crocefissa sarà la scuola aperta, quella degli alunni, degli studenti.

Il terzo anno di Dad

L’eventuale terzo anno di Dad sarebbe un crimine, il peggiore. Nessun danno economico e sociale peggiore. L’Italia registra quasi uno su due degli studenti delle superiori analfabeta funzionale, cioè non in grado di leggere e scrivere correttamente e con consapevolezza concettuale. La colpa di questo disastroso crimine è in buona parte dei sindacati sedicenti della “conoscenza”, in parte delle famiglie che hanno contratto il vizio del sindacalismo corporativo in una famiglia sola…e due anni di Dad hanno perfezionato la pandemia di ignoranza.

I sindacati, i lavoratori della scuola dovrebbero provare imbarazzo civile rispetto alle dimensioni della devastazione cui hanno contribuito. Dovrebbero dire alla comunità: faremo qualunque cosa per non avere il terzo anno di Dad, qualunque cosa, è nostro dovere. Nostro dovere civile, come quello dei pompieri di spegnere il fuoco o dei medici di curare per noi lavoratori della scuola evitare il terzo anno di Dad. Ad ogni costo, anche se il costo sia nostro. Ma queste sono parole e concetti che non si trovano nei valori e azioni dei sindacati della scuola e nei titoli de La Repubblica.