La manovra lacrime e sangue approda al Senato: l’aula è deserta

ROMA – Ore 16 e 30 del 17 agosto, Senato della Repubblica: la sudatissima manovra che i mercati, l’Europa, il buon senso ingiungevano di anticipare per far fronte alla crisi finanziaria e avviare il pareggio di bilancio, è approdata finalmente al Senato, per l’inizio della discussione. Per l’appuntamento altrimenti definito epocale sono presenti in aula 11 senatori su 315, poco meno di un trentesimo. Non sarebbe corretto dire che si contano sulle dita di due mani. L’appello è una pratica rapidissima. Il presidente Schifani non è arrivato. Il nome del facente funzioni non è pervenuto. Per la maggioranza hanno risposto presente Anna Cinzia Bonfrisco, Giacomo Santini, Paolo Barelli e Raffaele Fantetti. L’opposizione si è presentata molto più numerosa, quasi il doppio: Mariangela Bastico, Carlo Pegorer, Lionello Cosentino per il Pd, Stefano Pedica e Luigi Li Gotti per l’Idv, sola soletta Maria Ida Germontani per il Terzo Polo. La seduta dura addirittura 5 minuti.

L’oggetto della discussione, sia pure ancora alle sue battute preliminari, al riscaldamento potremmo dire, è il futuro prossimo dell’economia italiana. Meglio dire il portafoglio degli italiani. I temi sul tavolo sono noti a tutti, anche ai senatori, evidentemente, che tuttavia hanno scelto di disertare in massa l’emiciclo dei destini nazionali. Troppa enfasi? “Un decreto legge da 45,5 miliardi di euro in tre anni. Il pareggio di bilancio previsto in Costituzione. Trentasette province tagliate, migliaia di comuni accorpati, misure che rivoluzioneranno il diritto del lavoro, come la contrattazione aziendale che potrà derogare su alcuni punti persino all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori”. E’ la breve lista stilata dal Corriere della Sera, così, a mo’ di promemoria. Vi sembra poco?

Si dirà, la solita demagogia. L’iter è fissato. La settimana prossima il testo della manovra varato dal governo durante il Consiglio dei ministri del 13 agosto sarà all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio. Il testo arriverà poi in aula il 5 settembre ma tutto l’iter sarà definito, come ha sottolineato il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti, da una conferenza dei capigruppo che sarà convocata la prossima settimana. Ma ci siamo dimenticati che i mercati non chiudono mai, che di ferragosto, ponti, ferie non gliene importa di meno?  Come già per la triste circostanza che la casta della politica chiede sacrifici economici ai suoi rappresentati ma non intende farne a sua volta,  il Senato approverà norme che limitano i giorni di festività dei lavoratori, mentre ai suoi di “day-off” per niente al mondo rinuncerà mai. Dicono i parlamentari: noi alla catena e manager e dirigenti al mare? In effetti anche il sempre-presente Enrico Mentana avrebbe disertato il posto alla mitraglia delle 20 sul tg La7. A proposito di telegiornali: al senatore Pedica che lo accusava di taroccare le immagini del Senato mostrandolo gremito in ogni ordine di posti, Emilio Fede consegna l’invito ad andare a quel paese. Ma “l’invito non è coercitivo” concede magnanimo il direttore del Tg 4.

In attesa di conoscere mete e spesa delle vacanze dei senatori (a parole sono tutti concordi per la trasparenza) ci auguriamo che tutto proceda per il meglio. Sarà un agosto spartano con soli 800 euro di budget a disposizione dichiarato. Molto meno di quegli spendaccioni in cerca di armonia che dedicheranno 2500 euro a testa per il pellegrinaggio in Terra Santa. Sono un centinaio quelli che si preparano spiritualmente all’evento che ospiterà politici di ogni colore. A saperlo prima, si poteva organizzare una succursale del Senato a Gerusalemme. Non è difficile, a Monza in quattro e quattro otto, si è allestita la dependance di ben tre ministeri.

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