Senato futuro: vogliono più degli 11mila € dei “regionali”

 Senato futuro: i "regionali" vogliono più di 11mila euro...
Senato futuro: i “regionali” vogliono più di 11mila euro…

ROMA – Senato futuro: vogliono più degli 11mila € dei “regionali”. I futuri cento eletti al Senato della Repubblica riformato provenienti dai consigli regionali non si accontentano degli 11mila e 100 euro lordi che attualmente costituisce il loro stipendio onnicomprensivo (indennità, diaria, rimborso).

La parolina chiave è “armonizzazione”, in Parlamento si lavora cioè a rendere omogenee le indennità di tutti i parlamentari: in questo caso verso l’alto, quella dei senatori, 14.600 euro, 663 euro in più di quella dei deputati, quasi tremila in più di quella regionale. Sergio Rizzo del Corriere della Sera ha verificato le voci che testimoniano il lavorio sotterraneo per aggiustare i regolamenti e consentire le armonizzazioni. Nonostante, per dire, il presidente del Consiglio avesse promesso che in nuovi senatori non avrebbero preso un centesimo in più.

I deputati hanno diritto a un’indennità netta di 5.346,54 euro mensili, più una diaria di 3.503,11 e un rimborso per spese di mandato pari a 3.690 euro, oltre a 1.200 euro annui di rimborsi telefonici e da 3.323.70 fino a 3.995.10 euro ogni tre mesi per i trasporti. Oggi ai senatori spetta invece un’indennità mensile netta di 5.304,89 euro, più una diaria di 3.500 euro, più ancora un rimborso per le spese di mandato pari a 4.180 euro, più 1.650 euro al mese di rimborsi forfettari fra telefoni e trasporti. A conti fatti e senza considerare le eventuali indennità di funzione, i componenti del Senato intascano ogni mese 14.634.89 euro contro 13.971,35 dei deputati. Ovvero, 663 euro di più. Differenze da poco, sulle quali però si continua a discutere, anche se questa volta in un clima surreale: la Costituzione sopprime un’indennità che però a quanto pare si ostina a sopravvivere, magari in altre forme. (Sergio Rizzo, Corriere della Sera)

“Con riferimento allo status dei parlamentari occorre procedere all’armonizzazione delle discipline vigenti presso i due rami del Parlamento circa le competenze spettanti ai deputati e ai senatori, in carica e cassati dal mandato, nonché ai loro aventi diritto, anche alla luce delle prospettive della riforma costituzionale in itinere”: queste sono le parole del documento interno che circola in Parlamento.

E che segue una identica sollecitazione contenuta in un ordine del giorno dei senatori poche settimane il voto che avrebbe decretato la chiusura del Senato così come lo abbiamo conosciuto. Cambia tutto ma non la disposizione ad assicurarsi il massimo beneficio retributivo: a partire dalle indennità, per non parlare dei vitalizi futuri, per finire con il tetto a 240mila euro l’anno sugli stipendi della pubblica amministrazione ma che per i funzionari parlamentari è stato già definito provvisorio.

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