ROMA – Votare le riforme istituzionali col Movimento 5 Stelle a partire dal ddl Chiti. La proposta avanzata dal senatore Pd, Corradino Mineo, giunge dopo le parole del capogruppo M5s al Senato, Vincenzo Santangelo, che si è mostrato possibilista sul testo presentato da 22 senatori della minoranza Pd, che vede come primo firmatario Vannino Chiti. Ma i democratici si spaccano su quello che è poi il punto più dirompente della proposta Chiti, l’eleggibilità di 106 senatori in collegi regionali.
“Quello presentato da Chiti al Senato è di fatto una fotocopia del nostro testo – ha detto Santangelo – ad eccezione di una questione che riguarda il taglio delle indennità. Ma su tutto il resto non possiamo non essere d’accordo visto che ricalca la nostra proposta”.
E a domanda diretta, se i voti grillini potrebbero confluire con quelli del Pd sul testo Chiti, risponde: “Ci stiamo ragionando ma sì, credo proprio di sì”. Ipotesi avallata anche da Nicola Morra, esponente M5s in Commissione affari costituzionali di Palazzo Madama, che ha detto: “Sì, non lo escludiamo”.
Ma in casa Pd scoppia la polemica, con la maggioranza dem che ha chiesto espressamente ai 22 dissidenti di ritirare il testo. Lo scontro è sulla non eleggiblità dei senatori, paletto irrinunciabile per il premier Matteo Renzi, che esclude di fatto l’ammissibilità del testo Chiti.
Cosa prevede il ddl Chiti? Una Camera bassa, composta da 315 deputati. Un Senato delle autonomie, formato da 106 parlamentari eletti direttamente dai cittadini (100 in Italia e 6 all’Estero), con funzioni di controllo e garanzia soltanto su materie di natura costituzionale, trattati internazionali, diritti fondamentali delle persone, legge elettorale ed ordinamenti dell’Unione Europea.
Il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, durante l’assemblea dei senatori democratici lo ha detto chiaramente: sono ammessi interventi sul testo della riforma del Senato ma solo e soltanto entro i paletti fissati da Renzi. E cioè non eleggibilità dei senatori, nessuna indennità, no al voto su bilancio e fiducia.
“La logica deve essere emendativa, non sostitutiva del testo del governo”, ha precisato il renziano Andrea Marcucci. Ma Mineo tiene il punto:
“Noi il nostro ddl costituzionale non lo ritiriamo. Resta lì sul tavolo. Ma non vogliamo spaccare il partito. Stiamo solo cercando di dare il nostro contributo”.