ROMA – Sergio Cofferati possibile partecipante alle primarie del Pd per la scelta del candidato alla carica di presidente della Liguria: l’idea stata percepita dai grandi giornali e se ne sono occupati Repubblica con Giovanna Casadio che lo ha intervistato e il Corriere della Sera con un articolo di Marco Imarisio.
A Giovanna Casadio Sergio Cofferati ha annunciato che
“entro la fine della settimana decido se candidarmi alle primarie, sabato o domenica. Credo sia giusto dare una risposta”,
un notevole passo avanti rispetto alla posizione enunciata a Franco Manzitti di Blitzquotidiano il 3 novembre:
“Se me lo chiederanno ufficialmente prenderò il mio tempo per pensarci e decidere “.
Se Sergio Cofferati scegliesse di cimentarsi, per il Pd sarebbe un ben colpo in una regione intimamente rossa come la Liguria, in un capoluogo rosso anche nei quartieri alti come Genova. Sergio Cofferati è indiscutibilmente di sinistra, senza compromessi e strizzate d’occhi o slittamenti (come invece hanno fatto due ex comunisti genovesi di peso come Claudio Burlando, presidente uscente nelle polemiche post alluvione e Roberta Pinotti, oggi ministro della Difesa; partiti dalle sezioni del più profondo duro e puro Pci delle periferie operaie e approdati sulla spiaggia di Matteo Renzi).
È di sinistra ma non ingabbiato dai luoghi comuni dell’ideologia, al punto che quando fu sindaco di Bologna scandalizzò il birignao della sinistra da salotto per posizioni e decisioni in sintonia con i ceti popolari ma non gradite a intellettuali e professionisti della politica.
È coerente, è perbene, c’è da scommettere che vincerebbe a man bassa.
Ma per Sergio Cofferati non sarà un’impresa facile superare gli ostacoli dell’apparato del partito, la “nomenklatura ligure” che fino ad ora, come ha scritto Franco Manzitti, non gli ha dato
“un ruolo rilevante […] come se una squadra di calcio comprasse Gullit, ma poi decidesse di non farlo mai giocare nelle partite in casa. In Europa va bene, ma a Zena nulla, maniman (espressione dialettale genovese) pestasse i calli a qualche leaderino o a qualche leaderina genovese e ligure”.
A Giovanna Casadio di Repubblica, Sergio Cofferati, ha detto:
“Ci sono molte sollecitazioni perché lo faccia. Ci sto pensando, però nel giro di pochi giorni deciderò. È indispensabile che scadenze delicate come quelle elettorali avvengano con la linearità del caso e con i tempi necessari per definire le scelte”.
Giovanna Casadio inquadra la tentazione di Cofferati nella politica di schieramento nel Pd: è una sfida a Renzi e ai renziani? chiede. Risposta:
“No. Penso che questa Regione stia vivendo una vera e propria emergenza, che riguarda la sua economia e di conseguenza anche la messa in discussione della coesione sociale del territorio Questa emergenza porta a caricare le elezioni regionali di una tensione e di una aspettativa in più”.
Non risparmia critiche al partito:
“Trovo sbagliata la scelta della data, che è il 21 di dicembre, praticamente la domenica di Natale. Non mi pare una scelta oculata. Spostarle dal 21 all’11 di gennaio non cambierebbe nulla. Ma l’11 gennaio rappresenterebbe un segno di rispetto per i cittadini che, a pochi giorni dal Natale, sono impegnati nel costruirsi qualche ora di serenità”.
Pensa ci voglia discontinuità nell’amministrazione ligure?
“Si. Il modello economico ligure è in crisi verticale, perché lo schema di qualche decennio fa, che vedeva nel superamento dell’industria primaria e della sua sostituzione con attività a forte contenuto tecnologico e forte capacità di innovazione, si è oggettivamente arenato. Dunque bisogna ripensare non soltanto ai pur gravi problemi idrogeologici, che hanno rappresentato il dramma di questi ultimi tempi, ma ancora prima il tema complessivo del lavoro e dei luoghi in cui il lavoro si incardina, siano essi quelli industriali o siano essi quelli dei servizi”.
Sul Corriere della Sera, Marco Imarisio ha scritto:
“Bussano in tanti alla porta di Sergio Cofferati, per convincerlo a candidarsi alla guida della Regione Liguria. L’attuale europarlamentare, ex segretario Cgil, ex grande speranza della sinistra italiana, ci sta pensando, e sul serio.
La tentazione è forte ma il tempo stringe. In visita a Genova, il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini ha cercato invano la strada di una candidatura unitaria in un partito spaccato come una mela.Via libera a delle surreali primarie di Natale, allora. Si voterà il 21 dicembre, in un clima terribile. I vertici locali, consapevoli dell’aria che tira, volevano far slittare le consultazioni a gennaio. Guerini non ha sentito ragioni. La promessa di destinare alle vittime della recente alluvione i soldi raccolti con le primarie potrebbe essere un bel gesto ma anche la prova di scuse non richieste in luoghi ancora furibondi per il fango e i danni subiti, non proprio ben disposti nei confronti della politica. L’elettore medio di queste primarie potrebbe essere un operaio dell’Ilva con casa allagata nel quartiere genovese di Brignole e conto corrente in Carige. C’è poco da stare allegri.
Quasi a sua insaputa, la Liguria rischia così di diventare, se non un laboratorio, certo un incrocio di destini alquanto interessante. Il prossimo 15 marzo, data più probabile per le elezioni regionali, si chiuderà un’epoca. È ormai un anno abbondante che l’attuale presidente Claudio Burlando sta tirando la volata per la sua successione dopo due mandati a Raffaella Paita, attuale assessore regionale alla Protezione civile, incarico ricoperto da pochi mesi ma che è diventato un’arma nelle mani dei suoi detrattori dopo la recente alluvione. Come il suo mentore, la delfina è una renziana della seconda ora. Addirittura proviene dalle riserve della tanto celebrata Margherita.
Ma la Liguria non è l’Italia. A guardarla da una prospettiva democratica, è un microcosmo capovolto. Il segretario è l’archeologo cuperliano Giovanni Lunardon, i civatiani sono l’ago della bilancia. A farla breve, in via Fieschi, sede del gruppo regionale Pd, hanno sempre visto come fumo negli occhi la corsa in solitaria di Burlando e Paita, fatta a dispetto di un gruppo dirigente che non può vantare rapporti personali con Matteo Renzi ma ha i numeri dalla sua. Le imminenti primarie sembravano una barzelletta. Da una parte oppositori interni alla vana ricerca di nomi forti. Dall’altra una candidatura costruita con pazienza certosina sul territorio.
Nel giro di un mese è cambiato tutto. Il pasticcio delle primarie emiliano-romagnole, dove le ingerenze esterne hanno causato notevoli danni d’immagine, ha indotto Renzi a una linea netta sulle Regionali.Fate vobis, se la sbrighi chi è sul posto. Poi ha piovuto, tanto. E le ricorrenti alluvioni non sono un gran biglietto da visita per chi ha governato la regione negli ultimi anni. All’improvviso la Liguria democratica è tornata contendibile. Mancava il briscolone da calare sul tavolo delle primarie. Dopo lunga ricerca si sono accorti di averlo in casa.
A fare pressioni su Cofferati non sono soltanto i cuperliani ma anche i renziani di primo conio, che scavalcati da Burlando e Paita si accontenterebbero di una candidatura che segni una rottura con il passato recente. Da fuori hanno bussato associazioni, pezzi di società e cultura ligure, sempre alla ricerca della discontinuità. La sinistra di Sel, che si era chiamata fuori dalle primarie in polemica con Burlando, sarebbe pronta a rientrare sotto l’ombrello dell’ex segretario Cgil.
Cofferati vive a Genova da ormai sei anni. La sua voce si fa sentire spesso, nelle riunioni di partito e non solo. I rapporti con il premier sono migliorati dai tempi delle primarie del 2012, quando i due ebbero feroci scontri televisivi, e non ci voleva poi molto. Nonostante le evidenti differenze e divergenze, una volta diventato segretario Renzi ha riproposto Cofferati a Bruxelles, incassando dal rivale un ringraziamento pubblico e sentito.In caso di rinuncia, è pronto alla pugna il deputato cuperliano Mario Tullo. E con tutto il rispetto, non è la stessa cosa. D’accordo che la politica è l’arte del possibile, ma l’eventuale candidatura del sindacalista che nel 2002 portò in piazza tre milioni di persone a manifestare contro la paventata modifica dell’articolo 18 sarebbe una trovata che il cappellaio matto se la sogna.