Sgarbi ubiquo non sarà ma ai Siciliani lui proprio non va Sgarbi ubiquo non sarà ma ai Siciliani lui proprio non va

Sgarbi ubiquo non sarà ma ai Siciliani lui proprio non va

Sgarbi ubiquo non sarà ma ai Siciliani lui proprio non va
Sgarbi ubiquo non sarà ma ai Siciliani lui proprio non va

ROMA – Vittorio Sgarbi viene eletto in parlamento e si dimette da assessore nella regione Sicilia.

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Ai giornalisti palermitani racconta: “Me ne vado, ma non di mia iniziativa, sono stato cacciato fuori. C’era un patto in base al quale sarei rimasto assessore in Sicilia, anche se eletto al Parlamento, e che me ne sarei andato solo se fossi diventato ministro – continua Sgarbi -, ora chiedo almeno di avere il tempo di firmare gli ultimi provvedimenti, non si tratta più di scegliere, me ne vado. Il mio assessorato non è una scelta di Musumeci, ma un accordo politico che va rescisso con la volontà delle due parti”.

Ed infatti Sgarbi parla della sua nomina come di un “patto tra galantuomini”. “Ho fatto riferimento – spiega – al patto tra galantuomini perché la mia nomina ad assessore è stata ponderata da Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Nello Musumeci, peraltro con una lettera sottoscritta da Berlusconi a Musumeci, quando si è valutato, sulla base dei sondaggi di Pagnoncelli, che le liste dei candidati di Rinascimento in tutti i collegi siciliani, che il ‘Movimento in Rivoluzione’ fondato da Giampiero Samorì tenacemente intendeva presentare, poteva raggiungere tra i 5 e i 7 punti percentuali, togliendoli tutti all’area del centro destra.

Nella situazione in essere al momento, e con me candidato presidente, sarebbe stata la differenza per far perdere Musumeci e consegnare la Regione ai 5 Stelle. Se ne desume che Musumeci, nel patto tra galantuomini, deve la sua vittoria alla mia scelta. Si può anche dimenticare, ma è un dato di fatto. Miccichè voleva che io rimanessi il più possibile – continua Sgarbi -, è stato molto disponile. La data del 27 l’ha in realtà indicata l’assessore Cordaro come prima data utile. Era la posizione della giunta rispetto a un corpo estraneo quale sono io. Mi pare di avere fatto bene nelle condizioni in cui ero e in tre mesi di lavoro.

Mi dispiace non essere gradito, nonostante io abbia fatto molto più di quello che mi viene riconosciuto, a partire dalla mostra su Boldini che ho disertato oggi, sapendo che non sarebbe stato oggetto della conferenza stampa, e per la quale ho incardinato il rapporto tra i marchesi Berlingeri, proprietari del dipinto, e Raffaele Bonsignore, presidente della Fondazione Sicilia che ha sostenuto tutte le spese e seguito le mie indicazioni di allestimento.

Aggiungo, per il presidente Musumeci, che tra le iniziative in corso, dopo una riunione alla quale anch’egli ha partecipato, vi è quella con lo sponsor privato che s’impegna per la ricostruzione del Tempo G di Selinunte per un costo di 39 milioni di euro, senza alcun contributo regionale. È questa la ragione per cui intendo arrivare alla conclusione naturale del mandato, secondo le indicazioni del Parlamento”.

Insomma uno Sgarbi che non risparmia critiche, ma la sua candidatura avrebbe portato, come è stato, ad una elezione certa. Forse essere eletto in parlamento e contemporaneamente essere assessore in Sicilia non era possibile. Il dono dell’ubiquità ancora pare non ce l’abbia.

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