Shirin Ebadi, Nobel per la pace, attacca l’Iran: “Mi hanno tolto tutto, anche il premio”
Alla vigilia della risoluzione contro le violazioni dei diritti umani in Iran che l’Assemblea generale Onu si appresta a votare in settimana, Shirin Ebadi, Nobel per la pace nel 2003, attacca il regime «che uccide i minorenni, perseguita donne e minoranze religiose e mette all’indice la libertà di parola».
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera Shirin Ebadi spiega: «Vivo in uno stato di esilio effettivo. Mi hanno confiscato l’appartamento, la pensione che ricevo dal ministero della Giustizia e il conto in banca mio e dei miei famigliari, ormai sotto costante minaccia. E come se non bastasse mi hanno sequestrato tutti i premi, incluso il Nobel e la Legion d’Onore».
Poi l’attivista racconta della sua paura a tornare in Iran: «Nulla mi spaventa di più, anche se minacciano di arrestarmi per evasione fiscale al mio rientro. Sostengono che debbo al governo 410 mila dollari in tasse arretrate per il Nobel: una fandonia visto che la legge fiscale iraniana stabilisce che i premi siano esentasse. Se trattano così una persona ad alto profilo come me, mi chiedo come si comportano di nascosto con uno studente o cittadino qualunque. Comunque tornerò, forse accompagnata da Ban Ki-moon, quando avrò finito il mio lavoro all’estero e sarò più utile nel mio Paese. Sono stati i miei colleghi di Teheran a chiedermi di restare: ‘Adesso ci sei più utile fuori’, hanno detto. Uno dei miei compiti è perorare la risoluzione Onu che i partner commerciali iraniani vorrebbero bloccare in quanto ‘politicizzata’. Un’accusa falsa come dimostra l’ultimo rapporto di Ban Ki-moon: un uomo che non si può certo accusare di parzialità».
Poi una serie di battute su quanto l’Onu e l’amministrazione Obama stiano realmente facendo per l’Iran: «La commissione Onu cerca di fare la sua parte ma la composizione del consiglio è tale da legargli le mani. Vorrei spingerlo a fare di più perché, lo ripeto, la violazione dei diritti umani nel mio Paese è diventata sistematica e diffusissima. Se la Comunità internazionale tace, il popolo sarà dimenticato ed è proprio ciò che vuole il governo. Non ho ancora incontrato il presidente Obama né i membri della sua amministrazione ma la mia posizione è ben chiara: nel dialogo con l’Iran non si può parlare solo di nucleare, ignorando la questione ben più pressante dei diritti umani. Le due sono interdipendenti».