ROMA – Al Senato Pier Luigi Bersani e alleati prendono il 31,63%, Silvio Berlusconi e alleati prendono il 30,72%. Beppe Grillo prende il 23,79%. e Mario Monti prende il 9,13%. Bersani si porta a casa 120 senatori, Berlusconi 117.
Alla Camera, la coalizione di Bersani è al 29,54%, quella di Berlusconi al 29,18, Beppe Grillo al 25,55% e la Coalizione Monti al 10,56%. Qui, se dovesse finire così, la situazione sarebbe più lineare con Bersani che per poche migliaia di voti porta a casa i 340 deputati del premio di maggioranza. Più del doppio dei 120 almeno che porterebbe a casa Berlusconi.
Inutile girare troppo intorno ai numeri. Una maggioranza chiara non c’è. O meglio non c’è nessuna maggioranza politicamente pesensabile. I dati pressoché definitivi dicono che alla Camera non si può prescindere da Pier Luigi Bersani che, anche se per un soffio, si porta a casa premio di maggioranza e fa il pieno- Il problema è che al Senato cambia tutto. Ed è paradosso da legge elettorale “porcellum”.
Il premio su base regionale, infatti, fa si che anche prendendo in termini assoluti meno voti Berlusconi porti a casa qualche senatore in più. Soprattutto, tra Berlusconi e Grillo, complice il risultato modesto di Mario Monti, esce fuori il risultato che qualcuno temeva ma che pochi si aspettavano: senza Beppe Grillo non c’è governo, a meno che quel governo non sia il politicamente più strampalato e non comunicante possibile, quello Berlusconi-Bersani.
I senatori di Grillo sono massa critica che deciderà la durata e la tenuta di qualsiasi governo. A meno che non si pensi allo scenario che, numeri alla mano e dopo le prime parole di Grillo che dà dei “falliti” sia a Berlusconi sia a Bersani, oggi appare il più verosimile: che si torni di nuovo alle elezioni sciogliendo entrambe le Camere o il solo Senato della discordia.