Vince senza sorpresa il “sì” al primo referendum su larga scala organizzato in Catalogna sull’indipendenza, ma meno di un terzo circa dei 700 mila cittadini sopra i 16 anni chiamati al voto ieri si sono recati alle urne nei 166 comuni nei quali era organizzata la consultazione “privata”.
Secondo il Coordinamento dei movimenti indipendentisti che ha organizzato la consultazione popolare, dopo lo spoglio del 90% delle schede, il ‘sì ha vinto con il 94,7% contro il 3,5%. Un risultato senza sorprese, in quanto al referendum come previsto ha votato soprattutto quella parte della popolazione catalana che è in favore dell’idea di una separazione dalla Spagna.
L’ultimo sondaggio del quotidiano La Vanguardia il mese scorso parlava di un 35% di catalani favorevoli al ‘sì, e di un 46% per il ‘nò. Ma gli indipendentisti speravano una maggiore partecipazione. Secondo dati ancora provvisori, solo il 28% circa degli elettori – potevano farlo anche gli immigrati residenti – ha votato.
Gli organizzatori, come Elisenda Paluzie, preside della facoltà di economia di Barcellona, comunque parlano di una giornata «storica». La consultazione privata sulla indipendenza organizzata su cosi grande scala è un fatto unico in Europa, ha spiegato Paluzie all’Ansa affermando che «la società civile che ha raccolto il malcontento dei catalani verso la classe politica».
L’iniziativa dei referendum, che l’anno prossimo toccherà anche le più grandi città, Barcellona, Girona, Lleida, una volta lanciata ha ottenuto però l’appoggio del principale partito catalano, il nazionalista moderato Ciu, e della sinistra repubblicana di Erc. Da Madrid il premier socialista spagnolo Josè Luis Zapatero ha minimizzato, affermando che «non andrà da nessuna parte».
I referendum intervengono tuttavia in un momento di crescente tensione fra Barcellona e Madrid, mentre si prospetta una sentenza parzialmente negativa della Corte costituzionale spagnola sullo Statuto di autonomia catalano, approvato quattro anni fa. L’ipotesi che la consulta possa bocciare fra l’altro lo statuto di “nazione” riconosciuto alla Catalogna e l’uso del catalano come lingua ufficiale ha fatto soffiare nelle ultime settimane venti di rivolta. Tutti i 12 giornali catalani, di ogni tendenza, hanno pubblicato un editoriale comune intitolato «La Dignità della Catalogna» mettendo in guardia Madrid contro il rischio di una spaccatura.
Gli indipendentisti, che hanno trovato in Joan Laporta, patron del Barcellona Calcio – da sempre simbolo del catalanismo – una bandiera e un possibile leader per il futuro, sperano ora che il primo referendum su larga scala (erano chiamati al voto un catalano su 10) di ieri contribuisca a rendere più credibile nella stessa Catalogna l’idea della ‘sovranità e imporre un vero referendum di autodeterminazione.
«Il Quebec e il Montenegro lo hanno fatto, la Scozia ne vuole uno» ha ricordato ieri sera il portavoce referendario Uriel Bertran: «se c’è un appoggio popolare e politico forte, per la Spagna sarà difficile impedirlo». E Bertran ne è convinto: «domani la Catalogna si sveglierà come un paese diverso».