ROMA – Tra quattro anni, dal 2015, grazie ad una direttiva europea gli stabilimenti balneari dovrebbero aprirsi al libero mercato. Apriti cielo. Contro questa spaventosa ingiustizia si sono scagliati i “balneari”, cioè gli imprenditori che gestiscono gli stabilimenti che costellano le nostre spiagge, organizzando una manifestazione di protesta a Roma. L’Europa cattiva vorrebbe che le concessioni cessassero di essere eterne aprendo così il mercato a nuovi soggetti, con il rischio di ledere alcuni privilegi chissà e, comprensibilmente, i titolari di questi privilegi temono e osteggiano una simile innovazione. Meno comprensibilmente però raccolgono la solidarietà di tutto il mondo politico, da Alemanno a Di Pietro. Mancano all’appello solo i leghisti, ma loro hanno “già dato”: il Nord ha le sue vacche e la Lega ha già protetto dall’Europa gli allevatori facendo pagare alla collettività le loro multe. Il resto di Italia ha le sue sdraio e dal Pd al Pdl, passando per il Terzo Polo, la politica intende proteggere i “balneari” e soprattutto i 300mila voti che possono mobilitare.
Proteggere da cosa? Dalla concessione libera, insomma dalla ridiscussione diritto all’affitto della spiaggia che i “balneari” considerano a vita ed ereditario.”La direttiva che mette in agitazione i “balneari” è la famigerata Bolkenstein. Direttiva comunitaria che ha l’obiettivo di facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione Europea e, visto che i servizi rappresentano il 70% dell’occupazione in Europa, la loro liberalizzazione, a detta di molti economisti, aumenterebbe l’occupazione ed il Pil di tutta l’Unione. La direttiva promuove quindi la concorrenza, la competitività e la libera circolazione dei “prestatori di servizi” e per contro vuole combattere le rendite di posizione, i privilegi, le nicchie e le corporazioni, scrive La Stampa. Più nel dettaglio, per quanto riguarda gli stabilimenti balneari, la Bolkenstein di fatto rimetterà all’asta tutte le concessioni per le attività balneari, aprendo così all’ingresso di nuovi soggetti. La direttiva europea stabilisce, all’interno di una serie di misure volte a garantire la concorrenza, che i canoni delle locazioni non siano più eterni ma che abbiano una durata limitata che consenta di rimettere all’asta il bene. Da qui la protesta organizzata dalle due grandi organizzazioni di categoria: la Sib (aderente a Confcommercio) e la Fib (Confesercenti). Fisiologico, normale, comprensibile che questi soggetti protestino di fronte al rischio di perdere quello che ritengono un diritto e che somiglia ad un privilegio. Meno normale che raccolgano solidarietà politica bipartisan.
La storia ricorda un po’ la vicenda delle quote latte con la Lega in trincea a difendere gli interessi particolari degli allevatori, soprattutto del Nord, che tra ritardi, slittamenti e sforamenti è già costata all’Italia, cioè a tutti gli italiani, diversi milioni di euro. E sono proprio gli operatori del settore a ricordare il trattamento riservato agli allevatori e la vicenda delle quote latte. Vicenda che non andrebbe portata ad esempio visto il costo che ha significato per i contribuenti italiani ma che costituisce un ovvio precedente. A difendere gli interessi particolari non c’è questa volta la Lega ma un fronte bipartisan che va dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha promesso la richiesta in seda Anci dell’organizzazione di una manifestazione dei Comuni marini (tra cui Roma) a Bruxelles, fino a Di Pietro. Dall’opposizione anche Casini ha detto di volersi adoperare per la categoria e i “balneari” hanno incassato anche la solidarietà di Rutelli e di diversi esponenti di Pd e Pdl.
Tutti uniti quindi nel difendere un interesse particolare contro l’interesse generale. Ma se da decenni sono sempre le stesse società, quasi sempre familiari, ad avere le concessioni, e se da sempre queste società pagano canoni risibili, pari al costo di una cabina per una stagione, perché non si può dire che sarebbe giusto modificare questa situazione? Qualche anno fa il ministro Visco provò a mettere mano al settore, riuscendo a far rivalutare i canoni di circa il 30%, troppo poco. Ancora La Stampa riporta un esempio abbastanza esplicativo: una cabina in Versilia per tutta la stagione costa tra i 3 e i 4mila euro, tanto quanto costa la concessione che il gestore dello stabilimento paga allo Stato per tutta la spiaggia. Evidentemente c’è qualcosa che non va. Invece di gioire per la direttiva europea prossima ventura i nostri politici, quindi i rappresentanti dell’interesse pubblico, sono tutti accorsi a sostenere la causa dei “balneari”. Miopia, disattenzione o malafede poco importa, quello che è certo è che se i “balneari” vinceranno la loro battaglia e otterranno un trattamento come gli allevatori chi ci perderà sarà ancora una volta la maggioranza degli italiani. E perderà due volte, la prima quando continuerà a pagare uno sproposito per andare al mare, quando la concorrenza potrebbe anche ridimensionare questo tipo di costi, e poi quando sarà costretta a pagare le multe che l’Europa c’infliggerà per aver disatteso una direttiva europea.
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