“Chi evade le tasse è un parassita”: lo spot televisivo di Tremonti e Berlusconi. Che coraggio!

Pubblicato il 9 Agosto 2011 - 14:55 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Stop a chi vive a spese d’altri”. Oppure: “Chi evade le tasse è un parassita sociale”. Da oggi (9 agosto) due spot televisivi e due comunicati radio affiancheranno grandi affissioni nelle principali stazioni ferroviarie e negli aeroporti di Milano e Roma, nonchè in pagine pubblicitarie sui maggiori quotidiani e settimanali. E’ la nuova campagna di comunicazione istituzionale per sensibilizzare i cittadini “sulla necessità e l’importanza di pagare le imposte” promossa dal ministero dell’Economia insieme all’Agenzia delle Entrate e al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Pubblicità progresso, si diceva una volta. “Propaganda regresso” commentano indignati a centinaia sui vari forum improvvisati in rete. I più ottimisti e allineati giudicano invece la lotta all’evasione fiscale come la vera patrimoniale capace addirittura di pareggiare il debito senza vessare ulteriormente chi si è guadagnato onestamente la pensione. In effetti secondo i dati dell’Irpef sul 2010, mancano all’appello 100 miliardi dichiarati, una media per ciascun contribuente più di 2mila euro. In cima alla classifica degli evasori si trovano gli affittuari (evasori quasi totali) e i liberi professionisti, con più della metà del proprio reddito sommerso. Più della metà! A questo quadro di evasione fiscale, sottolinea l’Irpef, va poi aggiunta la quota di economia sommersa, che in Italia vale da un minimo di 255 ad un massimo di 275 miliardi di euro. E suona un po’ offensivo per i dipendenti con trattenute alla fonte che non possono “scaricare” neanche un centesimo per poi vedersi associati a metà con chi parassita lo è per ragione sociale. A rigore anche un precario assunto in nero usufruisce dei servizi pubblici senza minimamente contribuirvi: glielo dicano in faccia Tremonti o Berlusconi, Londra in fiamme sembrerà un fuocherello nel caminetto.

E’ vero che l’Italia è fra i paesi più tartassati del mondo: il prossimo anticipo di manovra di rientro del debito porterà allo sforamento della soglia del 43%. Ma il governo in carica, che ciancia di mani e tasche degli italiani, oltre al danno di non aver mai smesso di rovistare nelle nostre saccocce, aggiunge la beffa di farci la lezioncina a mezzo stampa. Vogliamo ricordare l’allergia al fisco fisica, ideale, programmatica  del nostro premier, prima, durante e dopo la sua discesa in campo? O il facoltoso ministro delle Finanze in carica che si appoggia da un amico per dividere l’appartamento nascondendosi dietro cavilli burocratici? O dell’ex ministro della Difesa condannato per aver pagato estero su estero i giudici che corrompeva e che si difendeva dichiarandosi al massimo un evasore?

E’ facile adesso rovesciare il senso dell’edificante messaggio: la lotta all’evasione fiscale è uno spot. Di cui il nostro è notoriamente un maestro. Di spot, non di evasione, evitiamo querele. Però, a proposito di spot efficaci, perché non ispirarsi all’America liberista che come strumento deterrente usa le manette, la galera vera. Lì, la dialettica stato-individuo non si ammanta di velleità pedagogiche o falsi moralismi. Tutta l’energia individuale può essere diretta senza falsi scrupoli al maggior arricchimento personale: chi sbaglia, però, paga. Da noi è il contrario. I nostri liberisti irrisolti dileggiavano, forse giustamente, il “tasse è bello” del ministro Padoa-Schioppa. Ora Tremonti e Berlusconi ne usurpano la memoria, perché si vede lontano un miglio che non ci credono. I modesti risultati raggiunti dall’Agenzia delle Entrate non possono nascondere l’iceberg dell’evasione, della nostra arretratezza in termini di equità e efficienza. Come conciliare uno spot del genere con i continui insulti di Umberto Bossi a Equitalia? O con l’appoggio a chi non paga le multe sul latte?

Ora non dubitiamo dell’ottimo lavoro svolto dalla nota agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi, con il contegno umiliato e colpevole del giovane attore protagonista, le innovative immagini tridimensionali e la forza espressiva della graphic novel. Ma produce lo stesso effetto del forte e avventuroso cowboy a cavallo e sigaretta in bocca stroncato dal tumore alla fine dello spot della Marlboro. “Dracula” Visco almeno era perfetto per il personaggio. E Silvio esattore fiscale che tiene il sermoncino? C’è qualcuno al quale le punture gliele fanno in faccia…