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Stefano Rodotà: “Abolire subito la Bossi-Fini”. Ma confonde date di sentenze

di Marco Benedetto |8 Ottobre 2013 17:24

Stefano Rodotà: Contro la Bossi Fini cita sentenza riferita alla Turco Napolitano

Stefano Rodotà, tuona dalla prima pagina di Repubblica contro la legge Bossi Fini e sono parole di fuoco, anche se l’invettiva, tutta ideologica e politica, non si abbassa a spiegare i dettagli della legge che provocano la sua ira.

Rodotà dà la linea alla sinistra e definisce la sua priorità:

“Cancellare subito la cosiddetta legge Bossi-Fini”,

che è

“quasi un compendio di inciviltà per le motivazioni profonde che l’hanno generata e per le regole che ne hanno costituito la traduzione concreta”.

Prima della Bossi Fini, che è del 2002, c’era un’altra legge, del ’98, detta Napolitano Turco, che già prevedeva l’espulsione, chiamata respingimento, per i clandestini. Una legge, a leggerla 15 anni dopo, ben fatta, con i suoi bravi centri di accoglienza e con alla base uno sforzo di mediazione tra la spinta della base “proletaria” del Pds, in deriva verso altri partiti, Lega in testa, e l’anima più radicale della componente borghese.

Con la capacità di spostare concetti e parole che ha contribuito a farne un maitre a penser e di non accettare contradditori, Rodotà sostiene che per la legge Bossi Fini

“l’emigrazione deve essere considerata come un problema di ordine pubblico, con conseguente ricorso massiccio alle norme penali e agli interventi di polizia”.

“All’origine vi è il rifiuto dell’altro, del diverso, del lontano, che con il solo suo insediarsi nel nostro paese ne mette in pericolo i fondamenti culturali e religiosi. Un attentato perenne, dunque, da contrastare in ogni modo”.

Come Laura Boldrini, 

anche Rodotà rivela la distanza della sinistra intellettuale dai ceti più bassi, che della cultura proprio non si curano ma odiano lo straniero perché insidia il monopolio italiano nelle fasce più basse del mercato del lavoro.

C’è anche un po’ di confusione di date, che chi ha passato l’articolo non ha verificato:

“In questi anni sono stati soltanto i pericolosi giudici, la detestata Corte costituzionale, a cercar di porre parzialmente riparo a questa vergognosa situazione, a reagire a questa perversa “cultura”. Già nel 2001 [ma la Bossi Fini è del 2002 e nel 2001 vigeva la Napolitano Turco] la Corte costituzionale aveva scritto che vi sono garanzie costituzionali che valgono per tutte le persone, cittadini dello Stato o stranieri, “non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”, sì che “lo straniero presente, anche irregolarmente, nello Stato ha il diritto di fruire di tutte le prestazioni che risultino indifferibili e urgenti”.

Per Rodotà non ci sono mezze misure:

“L’unica seria risposta istituzionale alla tragedia di Lampedusa è l’abrogazione della legge Bossi-Fini, sostituendola con norme rispettose dei diritti delle persone. Contro una misura così ragionevole e urgente si leveranno certamente le obiezioni e i distinguo di chi invoca la necessità di non turbare i fragili equilibri politici, di fare i conti con le varie “sensibilità” all’interno dell’attuale maggioranza. Miserie di una politica che, in tal modo, rivelerebbe una volta di più la sua incapacità di cogliere i grandi temi del nostro tempo”.

Il pensiero trova riscontro nelle parole di Luigi Manconi, senatore del Pd. Quello di immigrazione clandestina, ha scritto,

“è un reato orribile che punisce non per ciò che si fa ma per ciò che si è. Non per un delitto commesso, ma per una condizione di vita: migrante, fuggiasco, povero. E questo contribuisce a riportare il nostro ordinamento giuridico a una condizione precedente l’affermazione dello stato di diritto”.

Parole pericolose: di solito chi ruba lo fa per necessità, anche chi spaccia, spesso anche chi uccide.

 

 

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