Stop al decreto blocca processi, basta la sentenza della Consulta

Pubblicato il 13 Gennaio 2010 - 10:12 OLTRE 6 MESI FA

Niente decreto blocca processi al Consiglio dei ministri. Basta la sentenza della Corte Costituzionale che è «immediatamente applicativa». Lo ha annunciato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, durante la riunione dei capigruppo a Palazzo Madama.

La sentenza della Corte Costituzionale che avrebbe ispirato il decreto, ha detto il ministro ai presidenti dei gruppi, «è immediatamente applicativa» e di conseguenza non c’è necessità di un decreto per attuarla.

L’idea del dl blocca processi, infatti, nasce dal fatto che la Corte Costituzionale dice che se il pubblico magistrato ha contestato all’imputato una nuova accusa durante il dibattimento costui ha il diritto di chiedere il rito abbreviato e di farlo godendo di una sospensione congrua per pensarci bene.

Berlusconi. Lo stesso ragionamento sulla sospensione del dl blocca processi è stata fatto da Silvio Berlusconi durante il Consiglio dei ministri odierno. Lo riferiscono fonti governative. Le stesse fonti aggiungono che, almeno nel corso della discussione in Cdm, non si è fatto cenno alla possibilità di regolare con altri provvedimenti la questione relativa alla sospensione dei processi nel caso in cui all’imputato siano state fatte nuove contestazioni senza dargli il tempo di decidere se usufruire o meno del rito abbreviato.

Il premier ha spiegato che «i cittadini che hanno diritto in virtù della sentenza della Consulta al rito abbreviato potranno farlo. E’ importante che tutti i cittadini siano alla pari di fronte alla legge», e «il rito abbreviato dà diritto a uno sconto di un terzo della pena».

Il Cavaliere ha anche annunciato che il governo riproporrà l’inappellabilità delle sentenze di primo grado nella riforma della giustizia. «Nella riforma della giustizia a cui stiamo lavorando vorrei assicurare che riproponiamo la inappellabilità delle sentenze di primo grado. Noi riteniamo – ha detto Berlusconi – che dobbiamo ancora insistere affinché un cittadino accusato di aver commesso un reato e giudicato innocente da un tribunale della Repubblica non debba più essere richiamato in appello con un processo di Cassazione».

«Perché – ha proseguito – i pm lo fanno sempre di ricorrere in Appello anche soltanto per il puntiglio di far vedere che il loro teorema accusatorio era valido, o magari per una antipatia personale o per un pregiudizio politico. Per il cittadino invece è la tragedia, sia per lui che per i suoi cari».

Alfano.«Ogni cittadino – ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano – in base a quanto prevede la sentenza della Corte Costituzionale, che ha diritto ad un abbreviazione dei tempi del processo, può rivolgersi al giudice senza che ci sia un intervento legislativo».

«Ci siamo interrogati – ha aggiunto Alfano – se la sentenza della Corte Costituzionale fosse autoapplicativa o se necessitava di intervento legislativo per colmare questo vuoto? La decisione era talmente non scontata che il dl non era all’ordine del giorno. Nelle more della nostra decisione ecco la notizia del “decreto blocca processi”. La sentenza della Consulta n. 333 del dicembre 2009, dunque, è immediatamente applicativa senza bisogno di una norma interpretativa».

Processo breve. Intanto, il disegno di legge sul processo breve torna in Commissione per un approfondimento: lo ha reso noto il presidente dei senatori dell’Idv Felice Belisario. Dopo l’analisi in Commissione il testo tornerà in Aula alle 17. Il provvedimento sarà però votato in Aula la prossima settimana e, come comunicato dallo stesso  Schifani, il voto finale ci sarà mercoledì 20 gennaio.

Il presidente del Senato si dice «soddisfatto» perchè la conferenza dei capigruppo «ha accolto la mia proposta di mediazione. Ho infatti applicato il comma 11 dell’articolo 100 del regolamento del Senato che consente al presidente di rimandare in commissione per alcune ore parti di norme».

«Spero – ha aggiunto il presidente conversando coi cronisti – che questo possa riportare un clima di serenità nel dibattito, dopo che la differenza tra le posizioni politiche aveva portato ad atteggiamenti di estrema protesta, al limite dell’esasperazione. Mi auguro – ha concluso – che questa scelta consenta al Senato di lavorare in un clima di serenità».

Schifani ha anche riferito che la conferenza dei capigruppo ha inoltre proceduto a una nuova ripartizione dei tempi assegnando ai tempi residui un’ora al Pd, 30 minuti all’Idv, 25 all’Udc-autonomie e 18 minuti al Gruppo misto.

E il presidente del Consiglio, durante la conferenza stampa al termine del Cdm odierno, si è espresso anche sul processo breve: «Sulla legge per il processo breve ci sono state calunnie e menzogne – ha detto – Questa legge si dovrebbe chiamare legge sul processo lungo, perché il processo resta il più lungo in Europa, ma almeno ci sono tempi certi».

Questione aperta sul blocca processi, Berlusconi: solo calunnie. Dopo la correzione di rotta sul decreto, sono iniziati a Palazzo Grazioli una serie di contatti per fare il punto della situazione. Nella residenza del premier, secondo quanto si è appreso, si sarebbe recato il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Ai contatti avrebbe preso parte anche il consigliere giuridico del premier, Niccolò Ghedini.

In conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, Berlusconi se l’è cavata con una battuta: «Leggendo stamattina su alcuni giornali che serviva un blocca-processi – ha detto – ho detto che serviva un decreto blocca-calunnie» perché questa è l’attività di alcuni quotidiani.

La questione ancora aperta sarebbe la durata della sospensione dei processi in corso in primo grado così da consentire all’imputato, nell’ipotesi di contestazioni suppletive in dibattimento relative a circostanze che già emergono dal fascicolo del pm, di ricorrere al rito abbreviato.

I novanta giorni di sospensione, prospettati in origine nella bozza di testo sottoposta al Quirinale dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, sarebbero scesi a una durata inferiore, dopo un lavorio di mediazione che ha visto impegnato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. La decisione di non fare un decreto sembra indicare, tuttavia, che una intesa sulla durata della sospensione non sarebbe stata trovata.

Ma partiamo dall’inizio. La notizia della presentazione del decreto legge aveva causato, ieri, la sospensione dei lavori d’Aula al Senato.

Secondo i retroscena politici però, alla fine, il tanto discusso decreto “blocca processi” aveva incassato il via libera del Quirinale. Ma con una modifica: il periodo di sospensione si sarebbe ridotto, dagli iniziali 3 mesi, a 45 giorni.

Causa l’iniziale perplessità di Napolitano che già da ieri mattina aveva convocato al Quirinale Gianni Letta per discutere insieme il testo. E grazie alle limature dei tecnici, alla mediazione dello stesso Letta e alla supervisione di Gianfranco Fini e Giulia Bongiorno.

Il testo riformato quindi avrebbe incassato, già nella serata del 12 gennaio, l’ok di Napolitano.

Ma, visto l’annuncio odierno fatto dal governo per bocca di Elio Vito, l’ipotesi di uno “stop” di 45 giorni prospettata nei colloqui con il Colle potrebbe essere stata considerata insufficiente dagli stessi “tecnici” di Berlusconi che avrebbero preferito, a questo punto, una sospensione di 60 giorni, utile anche in vista dell’imminente campagna elettorale.

Per effetto del decreto, infatti, i due processi a carico del premier (Mills e Mediaset) sarebbero sospesi.