Su “aggravante di clandestinità” la Corte Costituzionale dà ragione al Governo e blocca ricorsi dei giudici

Pubblicato il 13 Ottobre 2009 - 17:19| Aggiornato il 14 Ottobre 2009 OLTRE 6 MESI FA

Non sempre la Corte Costituzionale si comporta da organo in mano alla sinistra, come ipotizzato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In occasione della riunione per decidere sul Lodo Alfano, la Consulta si è espressa anche sull’aggravante di clandestinità per i reati commessi da stranieri. E ha dato sostanzialmente ragione alle linee del governo.

Infatti la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il ricorso sollevato dal Tribunale di Livorno che chiedeva di considerare inammissibile questa aggravante, introdotta dal decreto legge sicurezza nel maggio 2008. Analoghi ricorsi erano giunti anche dai tribunali di Ferrara e Latina.

Seppure circoscritta all’aumento delle pene fino a un terzo per gli immigrati irregolari che delinquono, la legittimità dell’aggravante di clandestinità veniva ritenuta, negli ambienti della maggioranza di governo, un banco di prova anticipato anche per quanto riguarda la valutazione della Consulta sul reato di clandestinità, introdotto la scorsa estate dal ddl sicurezza.

La Corte Costituzionale però non ha analizzato nel merito i ricorsi in questione: quello sollevato dal Tribunale di Livorno è stato ritenuto mal posto, cioè non sufficientemente motivata sulla rilevanza; per quanto riguarda gli altri due ricorsi, di Ferrara e Latina, la Corte li avrebbe restituiti dal momento che, circa un anno dopo l’aggravante di clandestinità, è entrata in vigore un’altra norma, l’articolo 10 bis che punisce con ammende fino a 10.ooo euro chi si trova illegalmente senza permesso nel territorio italiano.

Proprio alla luce dell’introduzione del reato di clandestinità, la Corte Costituzionale ha pertanto deciso di rispedire indietro i ricorsi affinché i giudici di Ferrara e Latina valutino se, in seguito alle ultime modifiche legislative, sussistano ancora i requisiti per considerare rilevante la censura di legittimità delle nuove norme sull’immigrazione.