Perché il ministro Fabrizio Saccomanni ha detto che sarà assai difficile trovare lo spazio per evitare un aumento della Iva o per eliminare definitivamente la Imu sulla prima casa? si chiedono Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (noto anche per aver contribuito alla beffa della spending review di Mario Monti) sul Corriere della Sera. E rispondono così:
“Se veramente l’Unione Europea ci avesse concesso più spazio sul deficit, allora potremmo non solo evitare l’aumento dell’Iva e cancellare l’Imu sulla prima casa, ma anche cominciare a ridurre le tasse sul lavoro. Se non lo si può fare significa che quella flessibilità non c’è, o che il governo pensa di usarla non per ridurre la pressione fiscale, ma per aumentare le spese.
Infatti si è subito cominciato a parlare di «investimenti pubblici produttivi».
Di tutto l’Italia ha bisogno tranne che di più spesa pubblica. I consumi delle famiglie sono scesi del 6% in due anni (2012-13). Nel medesimo periodo la spesa delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi è salita dal 45% del Prodotto interno lordo al 45,8 (era il 41,4% dieci anni fa).
L’Italia ha bisogno di meno tasse sul lavoro per far crescere l’occupazione, e meno tasse sui consumi per far ripartire la domanda. Aumentare la spesa pubblica significa che prima o poi le tasse dovranno crescere ancora di più. Dall’esperienza dei Paesi europei che negli ultimi tre anni hanno cercato di uscire dalla crisi tagliando il debito e ricominciando a crescere, si impara una lezione molto chiara.
L’Irlanda, che ha corretto i conti soprattutto riducendo le spese, ha ricominciato a crescere: la stima per quest’anno è un aumento del prodotto pari all’1,3%. L’Italia invece si è limitata ad aumentare la pressione fiscale senza far nulla per ridurre le spese delle amministrazioni pubbliche, che anzi continuano a crescere. Risultato, non riusciamo ad uscire da una recessione profonda: la stima per quest’anno è un’ulteriore contrazione del reddito pari all’1,9%. Non bisogna quindi sorprendersi se Standard & Poor’s giudichi l’Irlanda, che pure ha un debito elevato quasi quanto il nostro (ma in discesa), più affidabile dell’Italia.
Continuiamo a commettere il medesimo errore: lo fece il governo Monti due anni fa e, se non si tagliano le spese, lo ripeterà Letta oggi. Non siamo capaci di varare un piano credibile di radicale riduzione delle uscite, quindi ci affidiamo all’aumento della pressione fiscale. Le agenzie di rating, e soprattutto i mercati, capiscono che limitandosi ad aumentare le tasse la crisi non si risolve e ci obbligano a fare di più. E la sola cosa che finora i governi hanno saputo fare è stato incrementare ancor più la pressione fiscale, peggiorando la situazione. È un circolo vizioso che sta distruggendo l’economia”.
In altra parte del Corriere della Sera si legge, a firma di Roberto Bagnoli, questa nebulosa promessa:
“La maggioranza, Pdl in testa, ha preferito glissare sull’ipotesi di nuove imposte, qualsiasi esse siano, e ha chiesto al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni di lavorare sui tagli alle spese. Il responsabile del Tesoro si è così impegnato ad accontentare le richieste dei partiti garantendo però che non ci saranno ricadute sui servizi assistenziali. La delicata partita Saccomanni vorrebbe chiuderla entro giovedì prossimo, prima di partire alla volta di Mosca per il G20 finanziario che vedrà insieme i ministri dell’economia e i governatori delle banche centrali”.
Poco più che aria fritta.
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