ROMA – Approvato alla Camera il decreto legge sul terremoto del 20 e 29 maggio in Emilia Romagna che stanzia 2 miliardi e mezzo di euro in un triennio, prevede l’allentamento del patto di stabilità interno, la dilazione dei termini di pagamento sulla fiscalità, la devoluzione della legge mancia ai terremotati. Il testo, su cui martedì il governo ha incassato la fiducia, è stato approvato a Montecitorio con 528 sì e nessun no, e ora passa al Senato. A favore del testo hanno votato anche la Lega e l’Idv, che martedì avevano votato contro la questione di fiducia posta dal governo sul decreto.
L’Italia dei valori ha anche ottenuto l’approvazione del suo ordine del giorno per stanziare anche i 150 milioni della legge mancia alle popolazioni dell’Emilia Romagna e delle province di Mantova e Rovigo colpite dal sisma. ”Si tratta di un risultato storico – spiega Silvana Mura dell’Idv – perché per la prima volta la legge Mancia sarà davvero utile visto che contribuirà alla ricostruzione. Non è stato facile arrivare a questo risultato, ed è per questo che ritengo doveroso ringraziare il coraggio dimostrato a nome del governo dal Sottosegretario D’Andrea, perché ha resistito ai tanti mugugni e a qualche pressione che ha avuto in Aula”.
Le aziende emiliane non sono del tutto soddisfatte: “Le imprese fanno fatica a comprendere la decisione del governo di non inserire nel decreto legge sul sisma né il rinvio dei termini tributari, fiscali, contributivi a giugno 2013 (la proroga è slittata solo al 30 novembre 2012, ndr), né la detrazione del 50% delle spese di ricostruzione”, ha sottolineato Confindustria Emilia-Romagna.
Confindustria chiede quindi a governo e politica di farsi carico di questo problema che rischia di “frenare la volontà di ripartenza” delle imprese colpite dal sisma. “Il decreto prevede un intervento sugli stabilimenti all’interno del cratere del terremoto – ha spiegato Maurizio Marchesini, presidente di Confindustria Emilia-Romagna – portando al 60% il livello di sicurezza antisismico. Una percentuale molto alta. Doveva esserci una deducibilità del 50% dell’Ires (l’imposta sul reddito delle società) per questi oneri. Altrimenti ci sarà uno svantaggio competitivo nei confronti di quelle realtà che stanno appena fuori dal cratere ma non devono fare nulla”.