ROMA – Toto-ministri Renzi. Reichlin favorita. Giustizia, Vietti o Flick. Spunta Colao. I grandi giornali provano a riempire le caselle del Governo che verrà cercando di anticipare criteri di scelta e valutando curricula, sondando pareri, raccogliendo suggestioni. Il toto-ministri si aggiorna ora per ora. Oggi, per esempio, scendono le quotazioni di “rottamatori” e Renzi-boys: a parte Maria Elena Boschi (verso le Riforme), Graziano Del Rio (per lui l’Interno o, se Alfano resiste, il delicato ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, braccio operativo del premier), sono sempre più flebili i rumors che accreditano l’ingresso nella squadra di Oscar Farinetti (Eataly) e Alessandro Baricco (Scuola Holden).
Lo schema. I criteri essenziali sono: squadra snella (12 ministri, 9 in meno del governo Letta), trattative rapide (7 giorni per definire la composizione finale), distribuzione delle poltrone ispirata a un “Cencelli” 2.0 con 8 ministri Pd, 3 di Ncd e 1 di Scelta Civica. Il processo alchemico dovrà tener conto del profilo più o meno politico del Governo: lo si appurerà dalla percentuale di “tecnici” convocati. Tecnici comunque d’area e lontani dal cliché del professionista da larghe intese.
Economia, Reichlin in pole position. Scartata l’improbabile concessione all’uscente Enrico Letta del ministero più pesante, quello dell’Economia, il nome che circola con più insistenza è quello di Lucrezia Reichlin, curriculum e relazioni di prim’ordine. E’ donna (e a livello di immagine ha il suo peso per marcare la cosiddetta discontinuità). E’ professoressa alla London Business School, fa parte del cda di Unicredit, scrive editoriali per Il Corriere della Sera, è in corsa per il ruolo di vicegovernatore della Banca d’Inghilterra (i bookmakers inglesi, che accettano scommesse su tutto, la danno per favorita).
È stata consulente di diverse banche centrali compresa la Federal Reserve e la Banca d’Italia. È la figlia di uno storico dirigente comunista, Alfredo Reichlin, che mantiene rapporti di amicizia e confidenza da lunga data con Giorgio Napolitano. Le alternative sono Tito Boeri, Pier Carlo Padoan e Fabrizio Barca. Ma anche Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Palazzo Strozzi a Firenze. Quello che appare sicuro è l’uscita di scena di Fabrizio Saccomanni, oggetto privilegiato delle critiche di Renzi pre-incarico.
Lavoro. Due nomi di grande impatto provenienti dal mondo dell’impresa si sono imposti: Andrea Guerra (ad di Luxottica) e Vittorio Colao (numero 1 mondiale di Vodafone). La loro esperienza potrebbe essere dirottata per l’Industria o lo Sviluppo Economico. Anche Tito Boeri potrebbe essere della partita (è dal suo lavoro che trae ispirazione il Jobs Act di Renzi). Se cambia lo schema, in senso diciamo così più laburista, il candidato ideale è Guglielmo Epifani.
Difesa. Il posto di Mario Mauro ha le ore contate: potrebbero andare Federica Mogherini o Roberta Pinotti, entrambe del Pd (il ministro donna nell’ambito più maschile di governo è una tendenza europea del momento). L’outsider è il professor Arturo Parisi, prodiao di ferro in ottimi rapporti con il sindaco di Firenze.
Giustizia. Favoritissimo Michele Vietti, ha stabilito buoni rapporti con tutti in particolare con il Capo dello Stato. Ma, a sorpresa, è spuntato anche il nome del presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick (già Guardasigilli nel primo governo Prodi.
Chi resta. Molto ben posizionati in vista di una loro conferma sono il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (Ncd), quello dell’Ambiente Andrea Orlando (Pd), Del Rio ma con ruoli più importanti, Maurizio Lupi (Ncd) alle Infrastrutture che però deve guardarsi dai sindaci Pd di Bari e Salerno (Emiliano e De Luca).
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