ROMA – Come si chiama il candidato di Matteo Renzi alla carica di Presidente della Repubblica italiana dopo Giorgio Napolitano? Sarebbe un nome “accattivante”, nella definizione di Alberto Gentili del Messaggero di Roma:
“Un nome fresco, giovane (per quanto possa essere giovane chi ha più di 50 anni) e possibilmente una donna”.
Avendo un po’ di esperienza di queste cose fin dai tempi dei boy scout, Matteo Renzi si guarda bene da mettere le carte in tavola sapendo che alla fine magari dai 1008 grandi elettori (Deputati, Senatori e rappresentanti delle Regioni) ne uscirà uno cui lui non aveva nemmeno pensato: tenendo le carte ben strette al petto Renzi potrà sempre dire che quella era la soluzione che aveva in mente fin dall’inizio.
Mancano pochi mesi, Napolitano dovrebbe annunciare le dimissioni a fine anno, meno di due mesi dal nuovo giro di indiscrezioni, ma in politica un giorno è un’eternità in cui tutto può cambiare.
Alberto Gentili, sul Messaggero, comincia intanto con lo sfrondare i nomi che secondo Repubblica di domenica 9 novembre 2014 affollerebbero tre cartelline riposte in un cassetto di Renzi a Palazzo Chigi. In tutto i nomi fatti dai vari giornali assommano a 22, come la rosa della nazionale di calcio:
“Non ci sarebbe Romano Prodi, ma neppure Mario Draghi il cui sbarco al Quirinale rappresenterebbe una sorta di commissariamento targato Bce e Cancellerie europee. E neppure Anna Finocchiaro, Pietro Grasso (con cui Renzi ha spesso duellato per la gestione del Senato), e Laura Boldrini”
che invece domenica il Giornale di Berlusconi, versione on line, annunciava con terrore:
La Boldrini ci prova: “Tocca a una donna”.
Dopo la spunta di Alberto Gentili, la rosa di Renzi vedrebbe come “più probabile” il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che parte come Renzi dai boy scout di fuori porta e non ha negato che le piacerebbe tanto.
In pole position, secondo Alberto Gentili
“sembra essere Walter Veltroni, un candidato gradito a Berlusconi: «Se lo proponi, lo voto, Veltroni è stato il primo a riconoscermi legittimità politica», ha detto l’ex Cavaliere in uno degli ultimi incontri, premettendo che il suo candidato preferito è Giuliano Amato”.
Un modo per bruciare due “vecchi”? Anche gli altri nomi riportati da Gentili sembrano fatti apposta per essere bruciati: l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti, i renziani Piero Fassino (ultima ora) e Paolo Gentiloni (antemarcia) nonché un “outsider come Pier Ferdinando Casini”, che è anche il genero dell’editore del Messaggero.
“Tutto aperto, siamo alle battute iniziali”,
dicono quanti interpellati da Alberto Gentili a palazzo Chigi:
“C’è chi giura che Renzi avrebbe già in tasca il nome del prossimo capo dello Stato. Ma che lo terrà coperto anzi, «copertissimo», fino all’ultimo momento utile. Fino a quando non si abbasserà il quorum alla quarta votazione, passando da una maggioranza dei due-terzi dei 1008 grandi elettori, alla maggioranza assoluta”. «L’errore di Bersani nel 2013», argomenta un fedelissimo di Renzi, «è stato quello di aver proposto Marini come candidato bipartisan alla prima votazione, se l’avesse fatto alla quarta sarebbe stato eletto. Non dobbiamo assolutamente ripetere l’errore di bruciare uno dei nostri»”.
Certo, se il confronti è con Pierluigi Bersani, ci vuol poco a fare meglio: basta ricordare la patetica questua alla porta di Beppe Grillo e prima ancora tutti i regali fatti a Sel di Nichi Vendola (dalla presidenza della Camera a Laura Boldrini a varie altre cariche importanti) in cambio nemmeno del voto di fiducia.
Per ora Matteo Renzi fa la faccia feroce:
“Parlando con i suoi, ha fatto capire che vorrà avere un ruolo decisorio e decisivo nella scelta del nuovo capo dello Stato, «nel rispetto del principio della massima condivisione possibile».
«Siamo il primo partito e in Parlamento siamo determinanti», spiega uno dei collaboratori più stretti del premier e segretario del Pd, «dunque per forza di cose non passerà mai un Presidente che non piaccia al Pd. Condivideremo la scelta, ma di certo il Parlamento non eleggerà un capo dello Stato a noi sgradito».
In estrema sintesi: «Il futuro Presidente dovrà godere della stima ed essere in sintonia con Renzi» e garantire doti di neutralità, ma anche una certa duttilità che permetterebbe al premier di portare sul Quirinale una personalità fidata e affidabile.
Del resto la storia repubblicana è costellata di Presidenti un tantino grigi, eletti dai leader di partito nella convinzione di poterli controllare, mentre candidati con spiccata personalità ed elevato status si sono arenati. Salvo poi scoprire però, come è accaduto con Oscar Luigi Scalfaro e con Francesco Cossiga, forti personalità anche in presidenti ritenuti inizialmente grigi e neutri.
Silvio Berlusconi, l’altro grande elettore se alla fine siglerà l’intesa sulla legge elettorale, ha già ben compreso il messaggio. Tant’è, che ai suoi ha dato un’indicazione attendista: «Non possiamo far altro che aspettare e vedere cosa ci proporrà Renzi, le carte le dà lui. Ma per ora teniamoci Napolitano, sperando che tenga il più a lungo possibile». Pausa, sorriso sornione: «In ogni caso alla fine Renzi e il Pd dovranno venire a bussare da noi. L’hanno dovuto fare l’ultima volta, lo dovranno fare a maggior ragione la prossima visto che sono divisi…»”.
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