Toto Quirinale, si tratta su Giuliano Amato. Prodi di rottura dal 4 scrutinio

ROMA – A meno di 48 ore dal voto il toto Quirinale si accende. Si tratta su Giuliano Amato, ma tra i nomi più in voga ci sarebbe anche quello di Romano Prodi, dopo la sua inclusione nella rosa dei 10 candidati graditi al Movimento 5 Stelle, ma i retroscena sui giornali sono tutti concordi nel considerarla un’ipotesi di rottura, spendibile eventualmente dalla quarta votazione in poi. Ovvero dal momento in cui decade il vincolo della maggioranza qualificata. Intanto il segretario Pd, Pier Luigi Bersani compila la sua lista di “presentabili” da consegnare a Berlusconi poco prima del voto.

Bersani, dopo una giornata di incontri (con il leader si Scelta Civica, Mario Monti) e scontri (con l’eterno avversario, il rottamatore Matteo Renzi che gli ha bocciato i nomi di Marini e Finocchiaro) ha chiamato a raccolta il gruppo ristretto di dirigenti che lavora al dossier Quirinale: Enrico Letta, Dario Franceschini, i capigruppo Zanda e Speranza, il braccio destro Migliavacca. A loro ha detto che “Non accettiamo veti da parte di nessuno, figuriamoci se vengono da dentro il nostro partito”. Scrivono Francesco Bei e Alberto D’Argenio sul quotidiano la Repubblica, che il segretario ora teme

un attacco ad alzo zero anche contro Giuliano Amato. Proprio il candidato che attualmente è in testa alle preferenze del Pdl e sul quale — nonostante le forti resistenze di Sel e il no della Lega — sarebbe possibile chiudere un accordo.

Secondo  Bei-D’Argenio, è essenziale ora per Bersani:

non lasciare al “rottamatore” il diritto di sfogliare tutti i petali fino a lasciarne soltanto uno. Magari quello di Romano Prodi. Un candidato di rottura, per tornare presto al voto.

Intanto la linea resta quella: proporre a Berlusconi non un nome secco ma una rosa di candidati, un’offerta che vale per i primi tre scrutini. Poi, se Berlusconi non dovesse apprezzare nessuno di quei nomi o continuasse ad alzare la posta chiedendo oltre al candidato condiviso anche un governo di larghe intese, allora scatterebbe il piano B.

Una candidatura secca, al quarto scrutinio, da portare a casa con i voti del movimento 5 Stelle. 

E in quel caso il nome più probabile potrebbe essere quello di Romano Prodi. Al momento però, Bersani, sfoglia e ri-sfoglia la sua rosa di nomi che comprende: Marini, Finocchiaro, Violante, Amato, D’Alema, ProdiEmma Bonino non risulta.

Osserva Francesco Verderami sul Corriere della Sera che paradossalmente:

Con il «niet» a Marini e alla Finocchiaro Renzi ha scremato la lista dei pretendenti al Colle, spianando la strada ad una possibile intesa sul nome di Amato, su cui sarebbero già pronti a convergere i centristi. 

E ieri il premier dimissionario e il segretario Pd si sono incontrati. Scrive ancora Verderami:

Nel faccia a faccia con Bersani il professore si sarebbe anche detto disponibile a incontrare in prima persona Berlusconi, «se può servire a facilitare le cose»

Si tratta appunto su Giuliano Amato. Ma, osserva ancora Verderami, è probabile che alla prima i partiti vogliano misurare le proprie forze e allora ognuno serrerà i ranghi e voterà per il proprio candidato di bandiera. E il candidato del Pdl, in tal caso, non può essere altri che Silvio Berlusconi.

Ma ci sarebbe una terza via, sulla quale starebbe rimuginando Bersani. Lo scrivono Bei e D’Argenio:

Una terza strada, una carta da tenere nascosta nella manica fino all’ultimo. Si parla a bassa voce di un nome molto autorevole e stimato, un giudice della Corte costituzionale attualmente in carica. Dal profilo bipartisan e senza precedenti parlamentari, ma con esperienza politica. E conosciuto all’estero. Bersani sussurrerà il nome all’orecchio di Berlusconi solo a un passo dall’apertura delle votazioni. 

Nomi non se ne fanno, anche perché è impresa assai ardua trovare un profilo di alta caratura ed estraneo alla nomenklatura di partito. Resta più probabile quel piano B, ovvero un Prodi da sfoderare alla quarta votazione.

Ma, conclude amaramente Verderami,

entrerebbe in scena dalla quarta votazione, ma sulle macerie del Pd, perché vorrebbe dire che la mediazione di Bersani è fallita. 

Da giovedì il Parlamento si riunisce in seduta comune per l’elezione del Capo dello Stato e la partita è ancora apertissima.

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