Assedio a Tremonti, assedio alla cassa. Il Pdl vuole 50 miliardi di spesa, lui ne ha 15

Le cronache raccontano di un assedio a Tremonti, in realtà è assedio alla cassa, alla cassa del Tesoro.

Tutto parte con un documento interno al Pdl in cui si chiede al governo di spendere. Per quasi due giorni si fa finta di non sapere chi ha scritto quelle pagine, si sa solo che sono molto rappresentative dell’umore del partito.

Poi Berlusconi fa sapere che toglierà o taglierà l’Irap, è una bella spesa: tra i 30 e i 40 miliardi di tasse in meno per lo Stato. L’Irap è una tassa che gli imprenditori, specie se piccoli e medi, odiano. Gliela mise sulla testa Vincenzo Visco, la logica della tassa era questa: voi nascondete gli utili, io vi tasso su quel che si vede, il costo del lavoro che non potete nascondere.

Ci fu anche un effetto perverso, che Visco non volle vedere anche quando gli fu detto: veniva penalizzata l’occupazione. Più dipendenti un’azienda ha, più irap paga. Fino a che c’erano gli utili, fu odio, anzi stizza. Senza gli utili è rimasto solo puro odio per questa tassa e per chi l’ha imposta. La base elettorale e sociale del Pdl ne reclama l’abolizione, Berlusconi risponde o almeno promette, fanno trenta e passa miliardi in conto a Tremonti.

Ma in sede di discussione della legge finanziaria il Pdl presenta proposte e voglie per altri capitoli di spesa, totale un’altra ventina di miliardi. Cinquanta miliardi è il conto che il Pdl presenta a Tremonti.

Tremonti ne ha, un po’ in pratica e un po’ in teoria, una decina che non sono stati utilizzati dalle banche per i Tremonti-bond e cinque o forse più che verranno, però una tantum, dallo scudo fiscale. Fanno quindici. Gli altri 25 Tremonti dovrebbe trovarli a debito, aumentando cioè deficit e debito pubblico. 

Ma Tremonti sa che deficit e debito pubblici italiani sono mediamente più alti di quelli europei, soprattutto il secondo. Altro debito significa tassi più alti da pagare a chi sottoscrive i titoli di Stato italiani. Alla lunga, ma non tanto alla lunga, in un paio di anni questo significa più tasse da far pagare a qualcuno o la tassa generale dell’inflazione. La strada della diminuzione della spesa pubblica per trovare quei soldi è impraticabile, altre basi sociali ed elettorali del centro destra si ribellerebbero.

Bossi difende Tremonti:  “C”è un tentativo di fare fuori Tremonti, ma io lo proteggo”. Non lo dice perché sia un “rigorista” in economia, ma perchè tra candidature alle Regionali e federalismo, sta portando a casa tutto il possibile. Non vuole scossoni o ritardi.

Tremonti difende i conti pubblici non perchè sia diventato “anglosassone” ma perchè a guardare a quel che succede tra un paio di anni ci arriva. Sa che “exit strategy” dalla crisi significa fine della spesa pubblica “insostenibile” così come l’ha definita Draghi.

Prima o poi fine negli Usa, in Europa, ovunque. Se l’Italia si fa cogliere in eccesso di spesa mentre gli altri la asciugano, l’Italia esce dal corteo, spinta fuori dall’inflazione e dalla spesa per interessi. Il piccolo imprenditore che avrà risparmiato per un anno l’Irap dovrà comprare materie prime a costi più alti, pagare di più in salari e pagare anche lui nuove tasse in altre forme.

Ma succederebbe tra un paio d’anni, per gli assedianti della cassa del Tesoro un tempo biblico, qualcosa che non interessa e non li riguarda.

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