MILANO – Adesso che un congresso durato appena qualche ora ha sancito la definitiva fine dell’era di Bossi segretario della Lega, fa un certo effetto ripensare a quando “il Senatùr” urlava alle folle in estasi quella frase diventata manifesto politico: “Noi della Lega ce l’abbiamo duro”. Sono passati vent’anni, una vita fa. E chissà se l’Umberto lo ricorderemo più per il celebre dito medio, subitanea risposta a domande poco gradite. Per le pernacchie, verace espressione di scarsa condivisione per le tesi altrui. O forse per le canottiere, capo d’abbigliamento definitivamente sdoganato nelle occasioni informali. Anche in presenza di giornalisti e fotografi. Ricorderemo i “ce l’ho duro” e i “foera dai ball“? Espressioni che davvero facevano parte della quotidianità dell’ormai ex leader leghista. Basta ricordare un’azzeccatissima imitazione di Corrado Guzzanti dei primi anni Novanta, in cui un Bossi guascone e fumino nella fantasia del suo imitatore raggiungeva lo zenit dialettico gridando: “Sharon Stone è una cozza!“.
O ricorderemo piuttosto il Bossi di oggi, teneramente circondato da assistenti-badanti, da mogli a quanto pare parecchio avvezze a maneggiare i conti del partito (secondo le inchieste), da figli maldestri politicamente ma capacissimi quando si tratta di ristrutturare casa a spese del partito (sempre secondo le risultanze delle inchieste). Il Bossi di oggi ce lo restituiscono i suoi colonnelli quando usano, senza più pudore, l’espressione “circonvenzione di incapace” perché il Bossi di oggi somiglia sempre più ad un anziano, malato per giunta, ormai distante dalla realtà. Davanti a questo quadro non viene nemmeno da dubitare quando sui giornali si legge che Bossi non sapeva nulla. Nulla delle inchieste, dei soldi che dal partito sarebbero arrivati direttamente nelle mani della moglie e dei figli così come registrato nell’apposita cartellina nella cassaforte leghista, “The Family“. Nulla nemmeno delle acrobazie finanziarie del tesoriere Belsito, secondo la procura vicino alla ‘ndrangheta e autore di spericolati investimenti in Tanzania.
– Già dagli esordi emerge la tendenza a spararla un po’ grossa. Umberto Bossi risulta diplomato alla Scuola Radio Elettra. E’ un perito tecnico elettronico. Ma sul sito della Lega e su quello della Camera risulta diplomato al Liceo scientifico. Nel curriculum sul sito del partito si legge che “si iscrive alla facoltà di Medicina di Pavia, ove esercita anche la professione di tecnico elettronico applicato alla medicina”. Per sua stessa dichiarazione, Bossi cambia più volte mestiere: “Ho fatto l’operaio, il perito tecnico, ho lavorato nell’informatica, ho studiato medicina a Pavia, ho insegnato matematica e fisica”.
– Con Berlusconi condivide la passione canterina. Nel 1961 partecipa col nome d’arte di Donato al Festival di Castrocaro, per poi incidere due 45 giri: “Ebbro” e “Sconforto”. Nel 1975 prevale però l’amore per la politica. Per il partito comunista, nella fattispecie. Secondo un vecchio articolo del Corriere della Sera Magazine (“Quando Bossi era il compagno Umberto”), nei primi anni Settanta ha militato nel gruppo del Manifesto, nel Partito di Unità Proletaria per il comunismo, di estrema sinistra, nell’Arci e nei movimenti ambientalisti. Tra il 1974 e 1975 è studente fuori corso alla Facoltà di medicina dell’Università di Pavia, scarsa propensione agli studi che condivide con il figlio Renzo. Pare che in queste ore tragiche abbia tentato di convincere i colonnelli del partito circa la buona fede del figliolo: “E’ vicino alla laurea in Economia, mi ha fatto vedere il libretto”.
– Dal 4 dicembre 1989 è segretario della Lega Nord, il partito da lui fondato (con il nome iniziale di Alleanza del Nord) per riunire sotto un’unica sigla i vari movimenti autonomisti del Nord. Inizia l’era della Padania. Negli anni ’90 viene toccato da un’inchiesta per tangenti. I giornali del 5 gennaio 1994 danno conto che al processo Enimont Bossi avrebbe ammesso il finanziamento illecito tramite una tangente ricevuta dalla Montedison. Nel 1995 viene condannato per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti a 8 mesi, pena confermata in appello nel 1997 e Cassazione l’anno dopo. Non è cambiato molto, in fondo. Allora si chiamava finanziamento pubblico ai partiti. Poi c’è stato un referendum e così il finanziamento è diventato rimborso elettorale.
– Nel 1994 arriva l’alleanza con Forza Italia e Berlusconi, la breve esperienza al governo e quella successiva all’opposizione. Alla fine degli anni Novanta i rapporti Lega-Forza Italia sono più che mai tesi. La Padania, organo del partito, pubblica articoli al cianuro. Un titolo a caso: “La Finivest è nata da Cosa Nostra”, pubblicato il 27 ottobre 1998.
– Il 2004 è l’anno della malattia: ictus cerebrale. Nella lunga fase della riabilitazione Bossi è lontano dalla politica, attività che riprenderà solo gradualmente. E’ in questi anni che si forma un cerchio di sodali che si stringe attorno al leader e che sempre più ne controlla i movimenti e ne indirizza l’attività. Sono la moglie Manuela Marrone, i figli, la sindacalista Rosy Mauro, Marco Reguzzoni.
Nel 2008 il figlio Renzo viene bocciato alla maturità. Umberto Bossi invoca una riforma della scuola in cui non sia previsto l’insegnamento da parte di “gente non dal nord”, accusata di “martoriare” gli studenti settentrionali. Renzo Bossi detto il Trota verrà eletto al consiglio regionale lombardo nel 2010.
– Il 2011 è l’anno della crisi interna, un bubbone maturato negli anni ma scoppiato solo lo scorso anno con manifestazioni pubbliche. Storico il congresso di Varese dell’ottobre 2011 in cui Bossi viene duramente fischiato e contestato dal suo stesso partito. E’ in quest’anno che nelle manifestazioni leghiste (non ultima, Pontida) viene sempre più invocato il nome di Roberto Maroni come leader del partito.
– Il 5 aprile del 2012, le dimissioni. Affossato dallo scandalo e dalle inchieste, Umberto Bossi si fa da parte chiudendo un’era non solo leghista, ma anche politica. Cosa resta della seconda Repubblica senza Bossi e con Berlusconi ormai da parte? Per gli appassionati resta da segnalare la data del 5 aprile. In questa curiosa kabala leghista è sia giorno di gloria (nel 1992 il primo ingresso alla Camera dei Deputati) e che di fango (le dimissioni, anno 2012).